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Anticipazioni per “I cinque sensi del Teatro” del Living Theatre del 3 febbraio alle 15.45 su Rai 5: la quarta parte

Living Theatre

Anticipazioni per “I cinque sensi del Teatro” del Living Theatre del 3 febbraio alle 15.45 su Rai 5: la quarta parte

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Per il Grande Teatro in TV, Rai Cultura propone la terza parte del documentario “I cinque sensi del Teatro” del Living Theatre di New York, in onda mercoledì 2 febbraio alle 15.45 su Rai 5.

Il Living Theatre è una compagnia teatrale sperimentale contemporanea, fondata a New York nel 1947 dall’attrice statunitense Judith Malina, allieva di Erwin Piscator, e dal pittore e poeta Julian Beck, esponente dell’espressionismo astratto newyorkese.

Il Living Theatre si inserisce nel periodo delle seconde avanguardie artistiche, che fioriscono negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale, sulla scia degli insegnamenti delle prime avanguardie europee. In particolare, il centro delle nuove avanguardie è al Black Mountain College, una scuola d’arte di New York diretta da John Cage. Qui si fa strada l’equazione Arte = Vita, cioè l’idea di cercare l’arte nella vita quotidiana delle persone comuni. Si tratta di un naturale proseguimento del ready made di Marcel Duchamp (che era amico di Cage), un’ideologia che caratterizzerà le avanguardie artistiche degli anni Cinquanta, tra cui il Living Theatre, che rappresenta questa tendenza anche col proprio nome[1].

Il teatro, in questo periodo, si concentra soprattutto sull’happening teorizzato da Allan Kaprow e portato avanti dal collettivo Fluxus.Julian Beck, Judith Malina.

Antigone di Sofocle

Dopo Frankenstein, gli sforzi del Living si concentrano sull’obiettivo di responsabilizzare lo spettatore[34], e tale scopo viene centrato con Antigone, che «è lo spettacolo più noto e celebrato del Living»[5]Antigone esordisce il 18 febbraio 1967 a Krefeld, in Germania. Non si tratta più di un’inedita creazione collettiva, bensì della rielaborazione del classico testo di Sofocle già riscritto da Bertolt Brecht, che a sua volta era partito dalla versione in poesia di Hölderlin.

La rielaborazione di Brecht aveva già modificato il motivo della guerra tra Tebe e Argo, non più dovuta agli dèi (come nell’originale di Sofocle), bensì alla contesa per il possesso di una miniera d’oro appartenente alla città di Argo (dunque per un mero motivo economico e materialista). Inoltre l’Antigone di Brecht è la tragedia del “troppo tardi”: «Troppo tardi apre gli occhi la protagonista, troppo tardi arrivano pure gli altri, IsmeneEmone e lo stesso Coro, quel popolo di Creonte che fino all’ultimo cerca di non vedere la catastrofe imminente e piega il capo a tutti i voleri del suo tiranno»[35].

Della rilettura di Brecht, il Living mantiene il tema del “troppo tardi” ma cambia l’interpretazione dei motivi della guerra, che non sono più economico-materialisti, bensì etico-politici: l’acquisizione delle miniere di Argo serve ad aumentare il potere di Tebe. Questa lettura è l’occasione per ribadire le posizioni anarchiche del Living.

Ma la vera innovazione di Beck e Malina sta nell’identificazione della responsabilità: la guerra non è mossa solo dall’avidità di Creonte, re di Tebe, ma è una responsabilità individuale di ogni cittadino. L’espediente per trasmettere questo messaggio sta nell’assegnare una parte al pubblico, che nello spettacolo rappresenta Argo, la città nemica di Tebe che è invece impersonificata dagli attori sul palcoscenico. Questo viene fatto capire sin dall’inizio di Antigone, quando gli attori entrano e si siedono davanti al pubblico, guardando gli spettatori negli occhi con sguardo di sfida e ostilità (e provocando notevole imbarazzo in platea). Lo spettacolo procede con la sconfitta di Tebe, e alla fine, quando il pubblico è già pronto per l’applauso finale, gli attori costringono la platea a provare colpevolezza: i membri del Living arretrano impauriti dagli spettatori, che sono i loro assassini[36].

Paradise Now

Si tratta di uno spettacolo dalla gestazione molto complessa, poiché frutto dello scontro tra il processo di “deteatralizzazione teatrale” e le circostanze sociopolitiche del periodo in cui è stato scritto, cioè quello del Sessantotto[37]. La realizzazione di Paradise Now è iniziata nel 1967 a Cefalù e si è articolata in tre fasi[5]:

  • Prima fase: L’intento del Living è la creazione di uno spettacolo che «fosse un’esplosione di felicità e di ottimismo rivoluzionario»[38]. Dopo una serie di spettacoli pessimisti sul mondo, Beck e Malina vogliono far capire che il cambiamento è possibile, secondo lo spirito dei tempi. La metafora individuata dal gruppo è quella del viaggio, concepito secondo la visione chassidica della vita (rappresentata come una scala di dieci pioli che congiunge la terra e il cielo) dietro l’interpretazione di Martin Buber e del suo viaggio ascensionale verso la rivoluzione permanente. Ognuno dei dieci pioli, secondo il testo del Living, è composto da un “Rito” («rituali-cerimonie fisico-spirituali che culminano in un flashout»[39] e che rimangono interni agli attori), da una “Visione” (immagini, sogni e simboli originati dagli attori per coinvolgere gli spettatori secondo un processo verticale) e da un'”Azione” (condizioni politiche recitate sia dagli attori che dagli spettatori, secondo un processo orizzontale).
  • Seconda fase: Il progetto originario era stato redatto in una condizione di isolamento in Sicilia. Recandosi a Parigi proprio durante il Maggio francese, il Living si trova coinvolto nelle giornate di insurrezione e vi partecipa in primo piano, redigendo anche una Dichiarazione per l’occupazione dell’Odéon[40]. L’esperienza influenza le successive prove di Paradise Now, che per contratto doveva essere rappresentato al Festival di Avignone : Beck e Malina rendono lo spettacolo meno mistico e più politico, coinvolgendo centinaia di persone alle prove («studenti, artisti, hippies, vagabondi, fumatori di canapa indiana, anarchici e protestatari di tutte le razze»[41] ) e attirandosi l’ostilità delle autorità e della popolazione contraria all’ideologia sessantottina. Ne deriva una violenta campagna di stampa contro il Living, che si trova in mezzo tra il favore del pubblico e l’astio della direzione del festival. Lo spettacolo va in scena il 23 luglio 1968, con un finale vivace che se la prende contro la borghesia e la stessa direzione artistica. I primi tre giorni di repliche vengono tollerati dalle autorità, ma il quarto giorno al Living viene recapitato un divieto di rappresentazione per motivi di ordine pubblico. La direzione del festival propone ai Beck di sostituire Paradise Now con Antigone, ma i coniugi non accettano e abbandonano Avignone lasciando una dura dichiarazione scritta:
«Il Living ha deciso di ritirarsi dal Festival di Avignone […] perché […] non si può recitare Antigone (in cui una ragazza rifiuta di obbedire agli ordini arbitrari dello stato e compie un atto santo) e nello stesso tempo sostituire Antigone a uno spettacolo proibito. […] 8) Perché è venuto il momento di liberare l’arte e di farla uscire dal tempo dell’umiliazione e dello sfruttamento […] 10) Perché la nostra arte non può essere messa più oltre al servizio di autorità i cui atti contraddicono assolutamente quello in cui noi crediamo[42]»

La straordinaria partecipazione del pubblico a questo spettacolo rimane tuttavia un evento circoscritto al clima eccezionale che ha caratterizzato questo festival. Le rappresentazioni successive di Paradise Now rimangono infatti passive e verticali, non riuscendo ad attuare quel coinvolgimento predicato dai Beck[43].

  • Terza fase: Le contraddizioni del Living, indeciso tra la permanenza all’interno della rappresentazione teatrale e la definitiva uscita da essa a favore di un’attività politica diretta, esplodono proprio con Paradise Now. L’ultima versione dello spettacolo, risalente all’autunno del 1969 dopo un breve ritorno negli Stati Uniti, risulta non convincente proprio a causa di questa spaccatura. Il gruppo arriva così alla scissione:
«L’11 gennaio 1970, dopo l’ultima rappresentazione di Paradise Now nel Palazzo dello Sport di Berlino, davanti a settemila persone, il Living rende pubblica e operativa la decisione di sciogliersi in più gruppi, quattro per l’esattezza, che era già stata presa da alcuni mesi e che probabilmente era maturata in seguito al traumatico impatto con la nuova situazione americana tra il settembre 1968 e l’aprile 1969.[44]»

Infatti, il ritorno del Living negli Stati Uniti era già avvenuto nel 1968, nel pieno periodo della contestazione. Qui la compagnia aveva trovato un paese diverso: nonostante la buona accoglienza del pubblico[45], i coniugi Beck e i loro collaboratori ritenevano di essere diventati una sorta di istituzione per il movimento di contestazione. Inoltre, l’élite intellettuale sessantottina accusava il Living sui giornali statunitensi di predicare la rivoluzione senza praticarla. Questo difficile impatto con la nuova realtà americana ha giocato un ruolo determinante per lo scioglimento del Living.

1970-1985: l’attività diretta

Per Julian Beck e Judith Malina, che continuano a lavorare insieme e a portare avanti il nome del Living con una delle quattro cellule frutto dello scioglimento, la rottura della compagnia non rappresenta la fine del suo teatro, bensì il suo vero inizio[46]. L’intento, condiviso anche dagli altri tre gruppi, è agire nel mondo per ricercare un rapporto più diretto ed efficace con il popolo: il Living lo fa portando a termine il processo di uscita dal teatro iniziato durante il periodo europeo.

Dopo lo scioglimento, i Beck, che ottengono naturalmente il diritto di utilizzare il nome storico del gruppo da loro fondato, soggiornano a Parigi e attuano azioni di “teatro di guerriglia”. «In una di queste, intitolata Morte da Metro, Julian viene ferito e arrestato per poche ore dalla polizia. Qualche mese dopo, il 10 luglio 1970, i Beck e i loro compagni si imbarcano alla volta di San Paolo del Brasile»[47]. La scelta non è casuale: il paese latinoamericano è piegato dalla dittatura militare del generale Emílio Garrastazu Médici, che reprime con la forza ogni forma di dissenso. La società è dominata da una ristretta cerchia di ricchi che detiene il potere economico, a scapito di una vasta massa proletaria confinata nelle favelas. Il contesto è ideale per far mettere alla prova le azioni di teatro diretto del Living, che intende stare a contatto con gli oppressi e i poveri per migliorare la loro situazione. Qui i Beck capiscono che l’azione rivoluzionaria è possibile solo se attuata in mezzo al sottoproletariato, e non rimanendo nelle cerchie élitarie che frequentano i teatri[48]. Gli spettacoli del Living coinvolgono gli spettatori sin dalla fase ideativa, e illustrano sempre dei fatti realmente accaduti, spesso narrati dalla popolazione. Living Theatre

I problemi sono molteplici: da una parte ci sono le autorità brasiliane che tentano di impedire l’attività dei Beck, e dall’altra c’è l’incomprensione dei sottoproletari brasiliani, che spesso non riescono a comprendere il linguaggio dei Beck, «cioè un linguaggio – nonostante tutto – da americani colti»[49]. A troncare l’esperienza brasiliana ci pensano le forze dell’ordine, che all’inizio del 1971[50] arrestano Julian Beck e Judith Malina con la motivazione ufficiale del possesso di droga. I due, imprigionati a Belo Horizonte, vengono liberati dopo due mesi di carcere, grazie a una vasta campagna di stampa internazionale, ma vengono espulsi dal Brasile. Questo primo periodo latinoamericano del Living si conclude dunque con scarsi risultati immediati, ma con l’importante atto di rottura dal teatro praticato fino a quel momento.Il Living Theatre in una performance a Trento, in piazza Duomo, 1980

In Brasile il Living aveva cominciato a lavorare sul ciclo The Legacy of Cain (L’eredità di Caino), un progetto che impegnerà la compagnia per tutta la prima metà degli anni Settanta: si tratta di un grande lavoro, perennemente in divenire, basato su alcuni importanti enunciati del barone Leopold von Sacher-Masoch e dedicato alle forme di manifestazione del sadomasochismo e del rapporto sessuale schiavo-padrone all’interno della società. Il progetto originario prevedeva 150 pièces di struttura elementare, ma il Living realizzerà solo tre parti del ciclo: Six Public ActsSeven Meditations on Political Sadomasochism e The Tower of Money, tutti presentati alla Biennale di Venezia nel 1975.

Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta avviene invece un debole riavvicinamento al teatro più tradizionale e meno attivo nelle manifestazioni di piazza. Questo periodo prevede, oltre a uno sfortunato remake di Antigone realizzato nel 1980[51], anche gli spettacoli Prometheus at the Winter PalaceThe Yellow Methuselah e The Archaeology of Sleep.

Nel 1983 a Julian Beck viene diagnosticato un cancro allo stomaco, che lo porterà alla morte due anni dopo, all’età di 60 anni. Si tratta dell’evento più importante della storia del Living, che cambierà il volto della compagnia ancora più della divisione in quattro gruppi, segnando il passaggio tra il periodo “con Julian” e quello “dopo Julian”[52]. Beck era infatti, oltre che il fondatore, la vera anima del Living insieme a Judith Malina. Quest’ultima non rimarrà sola a dirigere il gruppo: in breve le si affiancherà l’attore Hanon Reznikov, che faceva già parte del Living dal 1968 e che ne diventerà il co-direttore. Reznikov si sposa con Judith Malina nel 1988. Living Theatre