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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Italo Svevo del 5 febbraio alle 16.10 su Rai 5: “Un marito” con Aroldo Tieri

un marito

Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Italo Svevo del 5 febbraio alle 16.10 su Rai 5: “Un marito” con Aroldo Tieri

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Per il Grande Teatro in TV di Italo Svevo in onda oggi sabato 5 febbraio alle 16.10 su Rai 5 la commedia “Un marito” nella versione andata in onda nel luglio 1985 sulla Rai con la regia di Gianfranco De Bosio e la interpretazione di Aroldo Tieri e Giuliana Lojodice.

La commedia in due atti del grande scrittore triestino narra i rovelli di un marito tormentato dallp lo spettro della prima moglie uccisa per onore che, lieve, costituisce lo sfondo ideale per le stralunate angustie del consorte.

Italo Svevopseudonimo di Aron Hector Schmitz (Trieste19 dicembre 1861 – Motta di Livenza13 settembre 1928), è stato uno scrittore e drammaturgo italiano.

Di cultura mitteleuropea, ha tratto il suo pseudonimo dalle due culture, italiana e tedesca, che caratterizzarono Trieste, sua città natale, già da molto tempo e che formarono la sua educazione.[1]

Impiegato di banca, attività a cui fu costretto per motivi economici, iniziò a cimentarsi con la scrittura in articoli e racconti. Nel 1892 scrisse il suo primo romanzo, Una vita, a cui seguirono Senilità (1898) e la sua opera più celebre La coscienza di Zeno nel 1923 che lo pose all’attenzione della critica. Formatosi sugli scrittori realisti francesi, sulla filosofia di Schopenhauer e gli scritti di Sigmund Freud, Svevo introdusse nella letteratura italiana una visione analitica del reale, sottoposta a una continua interiorizzazione, sempre attenta ai moti della coscienza. L’indagine sull’inconscio, spesso mutuata dall’ironia e dal grottesco, diventa protagonista delle sue opere che presentano sempre un eroe negativo, preso da una “malattia” che altro non è che la condizione di crisi esistenziale di una società priva di valori.[2]

Aron Hector Schmitz nacque in via dell’Acquedotto (oggi viale XX Settembre n. 16) a Trieste, nell’allora impero austriaco, la notte tra il 19 e il 20 dicembre 1861, quinto degli otto figli di Franz Schmitz e di Allegra Moravia. È preceduto da Paola, Noemi, Natalia e Adolfo ed è seguito da Elio, Ortensia e Ottavio, mentre altri otto figli non raggiungeranno l’età adulta. La famiglia appartiene alla buona borghesia ebraica: il padre è un commerciante di vetrami figlio di un ungherese, mentre la madre è originaria delle comunità friulane[3].

Cambierà in seguito il suo nome in Ettore Schmitz, mentre con lo pseudonimo di Ettore Samigli pubblica i suoi primi lavori[4].

Nel 1867 entrò, assieme al fratello Adolfo, alle scuole elementari israelitiche di via del Monte, dove allo studio dell’italiano e del tedesco accompagnò quello della tradizione ebraica.[5] Nel 1872 passò alla scuola privata commerciale di Emanuele Edeles dove, racconta il fratello Elio che la frequentò a sua volta, «i maestri erano scadenti. Il direttore bravo, ma avaro e ingiusto allo stremo».[6] I tre fratelli, all’Edeles, non si dedicavano allo studio, ma la precoce passione di Ettore per la letteratura si manifestò già a quest’altezza, con la lettura furtiva di romanzi francesi non graditi al padre, che voleva avviarlo alla carriera commerciale.[7]

Nel 1874 il padre, convinto che la lingua tedesca fosse essenziale per il futuro professionale dei propri figli (in casa si discorreva abitualmente in dialetto triestino), inviò Ettore e Adolfo, e più tardi anche Elio, al Brüssel’sche Institut di Segnitz, in Baviera. Questo episodio ispirò il racconto incompiuto L’avvenire dei ricordi (1925), in cui due fratelli, inviati in collegio dai genitori, soffrono la separazione dalla famiglia[3].

Benché italofono dall’infanzia, la sua formazione avviene quindi in un ambiente linguistico prettamente tedesco[8], elemento che influenzerà profondamente il suo stile letterario portandolo a caratteristiche forzature stilistiche.