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Fatti e Misfatti di Mafia, Antimafia e di ‘Ndrangheta di Stato: le “vacche sacre” ancora sui terreni della Locride

una grave vicenda

Fatti e Misfatti di Mafia, Antimafia e di ‘Ndrangheta di Stato: le “vacche sacre” ancora sui terreni della Locride

Le azioni delittuose continuano a colpire la famiglia e l’azienda Bonfà gravemente, anche in questi giorni, col grave rischio della distruzione totale delle colture esistenti a causa delle presenza persistente delle “vacche sacre”, la cui presenza, spesse volte, è stata anche negata ed altre volte gravemente sottovalutata dalla forza investigativa intervenuta, nel tempo. Si contano già, nell’arco di due giorni, circa mille nuove piante variamente danneggiate e distrutte, mentre unitamente e sommate alle precedenti oltre diecimila. A questa azienda non solo viene negato il diritto al sostegno ex L.44/99, ma non sono assicurate neanche le condizioni fondamentali di sicurezza indispensabili alla propria attività. Tali azioni hanno inizio con l’omicidio di Stefano Bonfà, consumato il 3 ottobre 1991, all’interno della propria azienda, all’epoca dei sequestri di persona, in un agguato di chiaro stampo mafioso, ancora oggi privo delle assicurazioni delle responsabilità.

Si tratta di diverse vittime innocenti trucidate nel corso delle vicende dei sequestri di persona dell’epoca, gestite da elementi di ‘ndrangheta, dice Bonfà “con la complicità di parte dei Servizi e di Carabinieri deviati, così come affermano alcuni Pentiti”, mentre il sequestrato veniva trasportato sull’allora “camionetta” in dotazione ai carabinieri,  per sfuggire ai posti di blocco opportunamente predisposti, cosi come una Fonte testimoniale ha riferito alla Direzione Nazionale Antimafia.

In tale contesto chiunque si trovasse ad essere anche solo fortuito testimone di quei passaggi inconfessabili veniva trucidato quale testimone scomodo, mentre era intento nel lavoro onesto delle proprie aziende e dei propri campi: si contano diversi morti trucidati quali testimoni fortuiti e scomodi di quei passaggi inconfessabili, neanche riconosciuti quali vittime di mafia e di ‘ndrangheta di Stato.

La Commissione Parlamentare Antimafia, sollecitata ad intervenire, tace, anzi la Presidente del X Comitato interno alla medesima Commissione, l’On.le Aiello, a cui il caso era stato assegnato, ritiene di non dover più continuare la relativa audizione, momentaneamente sospesa per emergenze parlamentari: eppure la vicenda è caratterizzata da rilevanti aspetti d’interesse nazionale e non personali.

Nel contempo l’imprenditore Bruno Bonfà sfugge fortuitamente proprio a Roma all’organizzazione di un attentato messo in atto contro di lui e dell’indagine avviata non si ha più notizia: la dinamica di tale organizzazione è frutto di ambienti deviati dei Servizi.

Della questione é investito per il tramite del suo Ufficio anche il Presidente Draghi, che continua a non rispondere, similmente viene interessato il Sig. Presidente della Repubblica al cui Ufficio è chiesto di dare certezza che il Presidente sia informato sulle vicende oggetto di denuncia, si chiede pertanto un riscontro sottoscritto da parte del Presidente, ma il Suo Ufficio continua a non assicurare nulla.

Al fenomeno dei sequestri di persona segue quello delle “vacche sacre” ed anche quest’ultimo interessa tutto il territorio e la medesima azienda di Bruno Bonfà, ricadenti nella vallata del La Verde che riguarda la giurisdizione dei Comuni di Africo, Caraffa del Bianco, Sant’Agata del Bianco e Samo.

Nessuna indagine sembra sia stata svolta al fine di accertare le correlazioni esistenti tra il fenomeno dei sequestri di persona e quello di queste “vacche sacre” ed all’istanza volta all’approvazione della costituzione di una Commissione Parlamentare d’Indagine con poteri giudiziari sulle vicende dei sequestri di persona dell’epoca gli Uffici della Camera e del Senato non hanno ancora dato alcun riscontro.

Due precedenti Sig.ri Procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Locri riconoscono, nel tempo, per ben due volte la natura mafiosa degli eventi denunciati, pertanto anche quella riguardante la presenza di queste “vacche sacre”, nella medesima linea generazionale di esse.

Non solo: successivamente, il Comandante dell’epoca del CFdS convocò una riunione con elementi di ‘ndrangheta, presente il rappresentante della cosca a cui appartenevano: l’appartenenza di esse  è quindi nota come anche il suo rilevante spessore mafioso.

Al contrario, tutti i Reparti dei Carabinieri, chiamati ad intervenire ed a riferire al loro Comandante dell’epoca del CC Legione “Calabria”-Gruppo di Locri- ed alla Procura di Locri, scrivono che il fenomeno è inesistente sia sul territorio, sia nell’azienda Bonfà, ma tali militari vengono smentiti sia dagli Agenti di scorta che ne documentano fotograficamente la presenza e sia dal Nucleo Interforze inviato da SE di Reggio Calabria che ne accerta la presenza, ne sequestra un vitello ed abbatte una di queste “vacche sacre”: nonostante tutto ciò l’imprenditore Bruno Bonfà viene denunciato per procurato allarme.

Ma l’azienda Bonfà continua a subire distruzioni e danneggiamenti alle colture ed alle stesse strutture anche edilizie, particolarmente a causa della presenza di queste “vacche sacre”. Le relazioni di stima del danno redatte da parte del CFdS risultano gravemente inadeguate, esse vengono impugnate e per ben due volte sono rigettate da parte del Consiglio di Stato in accoglimento delle domande dell’imprenditore Bruno Bonfà: il sostegno, però, ex L44/99 è gravemente rallentato dal giudizio civile in corso.

Le sentenze emesse da parte del Consiglio di Stato smentiscono le squallide accuse e le gravi insinuazioni mosse da alcuni apparati dello Stato di  presunti tentativi di speculazione ai danni dello Stato da parte dell’imprenditore.

Mentre nelle altre aree territoriali della Provincia di Reggio Calabria il fenomeno delle “vacche sacre” sembra quasi scomparso a seguito della nota battaglia fatta dalla Prefettura di Reggio Calabria, in questa azienda continua, “stranamente”, a persistere, pertanto l’imprenditore Bruno Bonfà chiede l’intervento di forze investigative provenienti dalle Sedi centrali di Reggio Calabria e non dalla Locride, attende il relativo riscontro.

Nel contempo, sulla vicenda è chiamata a pronunciarsi la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ma due Sostituti Procuratori della stessa non riconoscono la natura mafiosa degli eventi denunciati, eppure si tratta della medesima dinamica mafiosa ancora oggi persistente, riconosciuta da due dei precedenti Sig.ri Procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Locri.

Emerge una gravissima contrapposizione di giudizio all’interno dell’ambiente giudiziario, per il quale si chiede l’intervento del Procuratore Nazionale Antimafia, del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, presso la Corte di Cassazione, del Ministro della Giustizia e del Presidente della Repubblica: si registra solo la risposta dell’Ufficio di Gabinetto del Ministro della Giustizia dell’epoca, On.le Bonafede, che riferisce trattarsi di fatti irrilevanti.

Ci si chiede se un omicidio, le vicende dei sequestri di persona gestiti “con la complicità di forze deviate dello Stato”, i diversi omicidi di persone innocenti trucidate nel corso di quelle vicende, le “vacche sacre” e la distruzione aziendale, possano essere considerate irrilevanti, mentre l’attuale Ministro della Giustizia continua a tacere e la DDA non esprime i pareri favorevoli alla ricostruzione del danno mafioso subito ed il Ministro dell’Interno non risponde alla richiesta dell’invio in questa Vallata di forze investigative adeguate alle problematiche che il territorio presenta e non provvede a disporre le adeguate misure di sicurezza, come anche di sostegno ex L44/99 che l’insieme della vicenda richiede, da oltre un ventennio, mentre l’insieme della vicenda ha inizio da un trentennio.

Mentre tutto ciò continua ad avvenire, la presenza di queste “vacche sacre” usate quale strumento di pressione per evidente finalità estorsiva continua ad arrecare gravi danni in questa azienda, che rischia la distruzione completa, come in questi giorni, col grave rischio che la gente si possa sentire sempre più legittimata a seguire le disposizioni personali per ottenere un atto di giustizia.

Ma vi è di più: alle due interrogazioni parlamentari presentate sulla vicenda il precedente Vice Ministro dell’Interno, per conto dello stesso attuale Ministro dell’Interno, chiamato, in presenza di prove incontestabili e chiare, a rivedere le risposte date, sulla base di informazioni, gravemente inadeguate, se non false, provenienti da parte degli Organi Provinciali di Reggio Calabria, non risponde, negando così all’intero Parlamento e a qualsiasi altro cittadino la possibilità di conoscere la verità dei fatti accaduti e l’assicurazione delle relative responsabilità di Stato, di mafia e di ‘ndrangheta di Stato. 

Dopo quasi trent’anni di battaglia, l’imprenditore si prende sei mesi di silenzio in attesa dei relativi riscontri da parte dello Stato, ma non avviene nulla, lo Stato continua a non rispondere  ed oggi l’imprenditore ritorna a parlare, rivolgendosi a tutti i Gruppi Parlamentari per le relative iniziative di legge.

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