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Anticipazioni per il Grande Teatro di Euripide in TV dell’11 febbraio alle 15.45 su Rai 5: “Le Troiane” con Enrico Maria Salerno

le troiane

Anticipazioni per il Grande Teatro di Euripide in TV dell’11 febbraio alle 15.45 su Rai 5: “Le Troiane” con Annamaria Guarnieri ed Enrico Maria Salerno

Grande Teatro in TV di Harwood del 13 gennaio su Rai 5: “Ospiti”

Per il ciclo di appuntamenti dedicati ai classici del teatro greco, Rai Cultura propone la tragedia di Euripide “Le Troiane”, in onda venerdì 11 febbraio alle 15.45 su Rai5, nell’adattamento televisivo del 1967 diretto da Vittorio Cottafavi, con la traduzione di Enzio Cetrangolo.

Tra gli interpreti Roldano Lupi, Esmeralda Ruspoli, Sarah Ferrati, Lia Angeleri, Orazio Orlando, Anna Maria Guarnieri, Anna Miserocchi ed Enrico Maria Salerno.

Dopo la presa di Troia, Atena e Poseidone decidono di distruggere l’armata greca: l’uno è benevolo verso i Troiani perché fondatore della loro città, l’altra odia i Greci perché Aiace ha violentato Cassandra nel tempio consacrato alla dea. I Greci, intanto, si spartiscono a sorteggio le donne troiane come schiave. Destinata ad Agamennone è Cassandra, lucidamente presaga della sorte di entrambi. A Neottolemo, figlio di Achille, è destinata Andromaca, straziata dal ricordo di Ettore morto, alla quale i Greci sottraggono anche il tenero figlio Astianatte per ucciderlo gettandolo dalle mura. La vecchia regina Ecuba è data ad Ulisse. Polissena, sua figlia, sarà immolata sulla tomba di Achille, la cui ombra l’ha richiesta come condizione per dare venti favorevoli ai suoi connazionali in procinto di salpare alla volta della patria dopo dieci lunghi anni di guerra. Appare poi sulla scena la causa di tante sciagure, la splendida Elena, che Menelao, suo marito, vuol ricondurre in patria per ucciderla, vendicando così le molte vite dei Greci stroncate per colpa sua. Ecuba la maledice ed essa si difende con un abile discorso, consapevole che Menelao, vinto dalla sua fatale bellezza, l’avrebbe risparmiata. Infine, dopo aver ricomposto il corpo devastato del nipotino, Ecuba con le altre prigioniere si avvia verso le navi greche mentre la città crolla tra le fiamme.   

Lavoro televisivo realizzato da Cottafavi dalla tragedia omonima di Euripide. “Le Troiane ” parla di una guerra vinta dal paese invasore che uccide tutti gli uomini del paese sconfitto, riducendo le donne in schiavitù. ” Nel caso delle Troiane non c’erano né scenografia, né costumi d’epoca, cosa che spiegavo allo spettatore in un’introduzione. Con questo volevo suscitare nello spettatore un certo stato d’animo, mettendogli a disposizione i dati storici. In questo modo si evitava di metterlo di fronte a qualcosa che non conosceva, lo si metteva nelle condizioni di comprendere il valore del dramma e apprezzarne la forza poetica

Le troiane, o Le troadi (in greco antico: Τρώαδες), è una tragedia di Euripide, rappresentata per la prima volta nel 415 a.C., durante la guerra del Peloponneso. Tra le tragedie greche è considerata la meno “teatrale”, la più statica.[1]

L’opera ebbe il secondo premio alle Grandi Dionisie ateniesi del 415 a.C., vinte dal quasi sconosciuto Senocle.[2]

Trama

La città di Troia, dopo una lunga guerra, è infine caduta. Gli uomini troiani sono stati uccisi, mentre le donne devono essere assegnate come schiave ai vincitori. Cassandra viene data ad Agamennone, Andromaca a Neottolemo ed Ecuba ad Odisseo. Cassandra predice le disgrazie che attenderanno lei stessa e il suo nuovo padrone una volta tornati in Grecia,[3] ed il lungo viaggio che Odisseo dovrà subire prima di rivedere Itaca.[4] Andromaca subisce una sorte terribile, poiché i Greci decidono di far precipitare dalle mura di Troia Astianatte, il figlio che la donna aveva avuto da Ettore, per evitare che un giorno il bambino possa vendicare il padre e porre fine alla stirpe achea. Successivamente Ecuba ed Elena si sfidano in una sorta di agone giudiziario, per stabilire le responsabilità dello scoppio della guerra. Elena si difende ricordando il giudizio di Paride e l’intervento di Afrodite, ma Ecuba svela infine la colpevole responsabilità della donna, fuggita con Paride perché attratta dal lusso e dall’adulterio. Infine, il cadavere di Astianatte viene riconsegnato ad Ecuba per il rito funebre, Troia viene data alle fiamme, e le prigioniere vengono portate via mentre salutano per l’ultima volta la loro città.

Commento

La violenza e la dignità

In tutto il dramma la presenza viva ed acuta del dolore si congiunge con la convinzione dell’eroicità della sventura di fronte alla vittoria dei distruttori. Tale vittoria è però solo apparente, poiché ognuna delle protagoniste dell’opera trova il modo di reagire, a proprio modo, alla tremenda sventura che le ha colpite. I vincitori, invece, che sono poi alcuni dei più grandi eroi della mitologia greca, si comportano solo come insensati aguzzini, capaci della più bruta barbarie senza la minima remora. Le donne troiane insomma hanno perso tutto, ma non la loro dignità umana, che invece gli spietati soldati greci sembrano non aver mai posseduto.

L’antimilitarismo

L’opera, come anche l’Elena e le Supplici dello stesso autore, è venata da un evidente antimilitarismo. Troia è caduta, gli uomini sono stati uccisi e alle donne troiane si apre la prospettiva di trascorrere nella schiavitù il resto dei loro giorni. Tutto insomma è già avvenuto, e niente resta a parte i morti e il dolore dei sopravvissuti. Risulta evidente la centralità del punto di vista dei vinti e non dei vincitori: questo tipo di prospettiva (già adottato da Eschilo nei Persiani) evidenzia non tanto l’eroismo di chi vince, quanto la disperazione dei vinti, con lo scopo di gettare luce sulle sofferenze portate dai conflitti armati.

I fatti di Melo

Schema della guerra del Peloponneso (431 – 404 a.C.)

C’è un fatto che differenzia le Troiane dalle altre tragedie antimilitariste di Euripide. Piuttosto che una generica condanna della guerra, vi è infatti un chiaro riferimento ad un preciso atto bellico compiuto da Atene pochi mesi prima. Nel 416 a.C., in piena guerra del Peloponneso, Atene aveva chiesto all’isola di Melo (oggi Milo) di aderire alla lega delio-attica, sottomettendosi così alla dominazione ateniese. I meli avevano rifiutato, perché erano una colonia spartana e perché erano indipendenti da 800 anni. Avevano però offerto ad Atene la loro neutralità nella guerra e la possibilità di intrecciare rapporti di amicizia. Gli ateniesi, temendo che un atteggiamento troppo morbido verso Melo potesse dare un’impressione di debolezza alle poleis alleate e nemiche, avevano infine attaccato l’isola, passando per le armi i suoi uomini e vendendo come schiavi le donne e i bambini.[5] Il sacco di Melo aveva sconvolto la coscienza civica ateniese e generato numerosi interrogativi. Pochi mesi dopo, Euripide mette in scena, davanti agli stessi autori di quell’atto,[6] un’opera che ripropone la stessa situazione che si era creata a Melo: tutti gli uomini sono stati uccisi, e le donne e i bambini vengono ridotti in schiavitù. Al tragediografo va riconosciuto il coraggio di aver rappresentato un’opera che criticava in maniera chiara e molto dura lo spietato imperialismo della sua città.

La trilogia

L’opera faceva parte di una trilogia ambientata durante la guerra di Troia, assieme a due tragedie, Alessandro e Palamede, di cui rimangono solo frammenti.

La trama della prima era incentrata su Paride (chiamato appunto anche Alessandro) e sul suo ritorno a Troia dopo l’abbandono alla nascita, dovuto alle profezie funeste che l’accompagnavano. Ne sopravvivono solo frammenti, conservati nel papiro di Strasburgo o tramandati indirettamente, in particolare da Giovanni Stobeo.

La seconda verteva sull’ingiusto trattamento subito dal greco Palamede da parte dei suoi stessi commilitoni. Con la sua astuzia egli aveva dimostrato la finta pazzia di Ulisse, costringendolo a partecipare alla guerra. Ulisse si vendicò quindi di lui con l’inganno. Alla fine della trilogia venne rappresentato anche il dramma satiresco Sisifo, anch’esso perduto.

Adattamenti

Lo scrittore latino Seneca scriverà l’opera tragica Troades frutto della contaminazione tra Le troiane e l’Ecuba di Euripide.[7]

Il filosofo Jean-Paul Sartre ne scrisse una versione moderna a Roma nel 1964, aderente all’originale, con riferimenti all’imperialismo europeo, in particolare alla Guerra d’Algeria, dando alla tragedia greca un moderno significato universale,[1] mentre negli anni sessanta il regista messicano Sergio Vèjar ne ha tratto un film in bianco e nero, ”Las Troyanas”.