lunedì, Maggio 13, 2024
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Anticipazioni per il Grande Teatro di Manzoni in TV dell’8 giugno alle 19.05 su Rai 5: “I Promessi Sposi – Parte 4″ regia di Salvatore Nocita

promessi sposi

Anticipazioni per il Grande Teatro di Manzoni in TV dell’8 giugno alle 19.05 su Rai 5: “I Promessi Sposi – Parte 4″ regia di Salvatore Nocita – Dopo la trasmissione integrale de “I promessi sposi” manzoniani nella storica edizione diretta da Sandro Bolchi, Rai Cultura ripropone la miniserie diretta da Salvatore Nocita nel 1989, in onda da lunedì 5 giugno alle 18.40 su Rai 5.

Nel cast Danny Queen, Delphine Forest, Burt Lancaster, Alberto Sordi, Franco Nero, Dario Fo e Walter Chiari. 

Seguendo il racconto manzoniano e ambientato tra il 1629 e il 1631, l’adattamento di Nocita narra la storia di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, popolani lombardi costretti a separarsi e a sopportare mille peripezie a causa delle prepotenze del signorotto Don Rodrigo e della pavidità di don Abbondio, interpretato da un indimenticabile Alberto Sordi.

Durante il loro viaggio troveranno varie persone disposte ad aiutarli, da Fra Cristoforo all’Innominato, da Federigo Borromeo a Donna Prassede. 

I promessi sposi è una miniserie televisiva italiana del 1989, diretta da Salvatore Nocita. Prodotta dalla Rai, la storia è tratta dall’omonimo romanzo storico del XIX secolo scritto da Alessandro Manzoni.

La regia è di Salvatore Nocita. La produzione, interna Rai con tecnica cinematografica, è stata realizzata dal CPTV di Milano.

È stato realizzato 22 anni dopo lo sceneggiato televisivo I promessi sposi diretto da Sandro Bolchi.

Nella sua prima messa in onda (novembre-dicembre 1989) lo sceneggiato è stato visto da una media di 14 milioni di spettatori.

Il film vinse il Telegatto 1990 come migliore trasmissione della stagione.

Alcune immagini dello sceneggiato vennero incluse in un’edizione de I promessi sposi edita da Rai Eri e distribuita in esclusiva dai supermercati GS.

Ambientato nella Lombardia sotto il dominio spagnolo tra il 1629 e il 1631, l’adattamento narra la celeberrima storia di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due popolani lombardi. La scena iniziale riprende l’incipit manzoniano sui luoghi in cui è situata la storia.

Un pomeriggio di novembre, su una stradetta di campagna il parroco del paese, Don Abbondio, prega leggendo il breviario tenuto tra le mani, quando scorge a un bivio che biforca la strada due bravi; timoroso alla loro vista, il prete intuisce il pericolo, ma al crocicchio i due gli si parano davanti: con poche, sprezzanti frasi gli intimano minacciosamente, per conto di Don Rodrigo, di non celebrare il giorno dopo il matrimonio tra i due giovani fidanzati.

Spaventato, Don Abbondio corre a casa: temendo di perdere la vita, quando Renzo arriva da lui, vigliaccamente fa finta di stare ammalato, accampando altre scuse per non sposare la coppia. Ma Renzo subodora qualcusa di strano nella messinscena del meschino parroco e quando scorge la perpetua nell’orto davanti alla casa, le si avvicina. Questa gli fa intuire qualcosa dietro alla strana condotta assunta dal prete, e lui rientra a casa di lui per esigere altre spiegazioni.

Il querulo parroco, nel frattempo nascostosi a letto, alla fine confessa: la persona che impedisce il matrimonio è Don Rodrigo, un prepotente signorotto della zona. Inveendo, Renzo si dirige in tutta fretta alla casa di Lucia, che si sta preparando alle nozze.

Quando chiede di vedere la fidanzata, Lucia rivela che Don Rodrigo la importunava anche durante il suo lavoro, ma aveva taciuto con tutti sperando che egli perdesse interesse nei suoi confronti. Interviene la madre di Lucia, che consiglia di interpellare Fra’ Cristoforo, un monaco amico. Lucia dice di averlo fatto.

Costretti a separarsi e a sopportare mille peripezie a causa delle prepotenze del signorotto Don Rodrigo deciso a impedire il loro matrimonio. Tuttavia durante il loro viaggio troveranno varie persone disposte ad aiutarli, da fra Cristoforo all’Innominato (prima crudele e poi convertitosi), da Federigo Borromeo a donna Prassede.

Parte 4 – Tra calamità naturali, eserciti e la peste (capitoli XXV-XXXVI)

Dopo aver provveduto ad ospitare Lucia presso due aristocratici milanesi, don Ferrante e donna Prassede, il cardinale rimprovera duramente don Abbondio per non aver celebrato il matrimonio[125]. I capitoli successivi alternano digressioni storiche e le vicende dei vari protagonisti[126]: da un lato la discesa in Italia dei Lanzichenecchi, mercenari tedeschi che combattono nella guerra di successione al Ducato di Mantova, i quali mettono a sacco il paese di Renzo e Lucia e diffondono il morbo della peste. Agnese, rimasta nel suo paese natio, parte insieme a Perpetua e don Abbondio e i tre si rifugiano presso l’Innominato, il quale ha aperto il suo castello ai contadini in fuga dalle soldataglie alemanne. D’altro canto, il Manzoni si sofferma nel narrare della permanenza di Lucia presso il palazzo milanese di don Ferrante e donna Prassede: il primo, simbolo della decadenza culturale barocca, tutto preso dai suoi studi astrusi; la seconda, invece, caratterizzata da una forte volontà e da uno spirito dominatore, è intenta a far dimenticare Lucia di Renzo, sulla base anche delle accuse che le autorità milanesi hanno lanciato contro di lui per la responsabilità nei tumulti di san Martino.

Con i Lanzichenecchi la peste entra in Lombardia e infine a Milano, sottovalutata inizialmente dalle autorità, in particolar modo dal governatore don Gonzalo de Cordova, preso dall’assedio di Casale Monferrato, e dal Senato: solo il cardinale Federigo si prodigherà nell’assistenza ai malati, unica autorità rimasta in una Milano abbandonata a sé stessa[127]. Di peste si ammalano Renzo, che guarisce, e don Rodrigo, che viene invece tradito e derubato dal Griso, il capo dei suoi bravi che, contagiato anch’egli dalla peste, non riuscirà però a godere dei frutti del suo tradimento[128].

Una volta guarito, Renzo, preoccupato dagli accenni fatti da Lucia per lettera a un suo voto di castità fatto quando era dall’Innominato, torna nel suo paese per trovarla, ma trova una grande desolazione e scopre da un convalescente don Abbondio della morte di Perpetua. Non trovandola, il giovane viene indirizzato a Milano, dove apprende che si trova nel lazzaretto. Nella descrizione della città colpita dal morbo v’è una spaventevole verosimiglianza: non più la luce dell’alba cara al Manzoni, ma la spietata intensità del sole a picco. La descrizione dei carri dei monatti è pagina potente e sinistra. L’accordo dei vari temi dell’episodio si rivela però nelle note soavi della scena della madre di Cecilia, nell’umoristico contrasto tra l’angoscia dell’ambiente e il comico errore dei monatti su Renzo scambiato per untore[129].

Foto interna ed esterna: https://www.rai.it/ufficiostampa/assets/template/us-articolo.html?ssiPath=/articoli/2023/06/I-promessi-sposi-d2d45104-b8ea-4bd0-ac28-7a50cd0bcb1a-ssi.html