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Roma, Musei di San Salvatore in Lauro,Pietro Capone. Frammenti-sino al 20 Gennaio 2024

Roma -L’Artista Pietro Capone, il giovane talento romano, espone nei Musei di San Salvatore in Lauro la sua prima personale, fatta di dipinti (per lo più nudi artistici, realizzati in inchiostro ferrogallico e olio su lino o su tela, oppure su carta blu) e di poesie. E “Rimpianto I” (su lino, 70x50cm, 2023) è pertanto uno dei dipinti, accostato all’opera poetica, che saranno allestiti nella mostra “Pietro Capone. Frammenti” a cura dello storico dell’arte Paolo Serafini. 

L’Artista

Classe 1995, Pietro Capone dopo il liceo artistico frequenta il corso di Archeologia all’Università “La Sapienza” di Roma per poi dedicarsi alla musica a tempo pieno. Tra un concerto e l’altro scopre l’amore per la pittura e si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma. Da sempre appassionato di storia, approfondisce le tecniche d’esecuzione adoperate dagli antichi maestri grazie a un’attenta ricerca dei trattati di pittura dei secoli scorsi, in particolare quelli delle accademie francesi del XIX secolo. Una ricerca che si può definire di “archeologia sperimentale” per riprendere tradizioni andate perdute durante le avanguardie del Novecento. Dal 2016 al 2018 frequenta l’atelier del pittore Giorgio Dante. Nel maggio 2017 partecipa al workshop Symposium Of Contemporary Figurative Art di Roberto Ferri e di Giorgio Dante. Nel novembre del 2017 partecipa alla mostra Antico Presente L’Accademia Disegna presso il Museo Gregoriano Profano. Nello stesso anno dona allo Stato della Città del Vaticano tre suoi disegnirealizzati dal vero nelle sale espositive dei Musei Vaticani. Sempre nel 2017 espone nella mostra collettiva mutAzioni all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel marzo del 2018 espone nella mostra collettiva Night, in occasione della Tiny Biennale negli spazi la Gallery of Art Temple University a Roma. Dal 2019 al 2022 è collaboratore del pittore Roberto Ferri e assistente per cinque workshop. Nel 2020 partecipa alla mostra collettiva L’Eco – Roberto Ferri e i suoi allievi alla Crazy March Gallery.
“Capone ti sorprende anche e soprattutto come artista – scrive la giornalista Didi Leoni nel catalogo – . La sua maturità d’espressione e la sua precisione tecnica sono impressionanti, specialmente in rapporto alla sua giovane età. Il suo animo eclettico lo spinge a sperimentare una commistione, inedita e fortemente evocativa, tra pittura e poesia. Le sue tele, che ritraggono figure allo stesso tempo soavi e conturbanti, si popolano di scritte, vergate a mano con inchiostro ferrogallico. Frasi all’apparenza misteriose e a tratti quasi indecifrabili, che rimandano in realtà a componimenti dello stesso poliedrico artista”. Due linguaggi artistici, quindi, in grado di coesistere. “La carne associata alla poesia – rimarca nel catalogo il critico d’arte Vittorio Maria de Bonis – il colore che nasconde e per contrasto esalta la scrittura, s’incontrano con insospettato virtuosismo in un abbraccio che si presta tanto ad esser geniale sfondo dell’immagine quanto a commento e illustrazione d’essa, e quei corpi e frammenti di corpi si materializzano con perentorietà assoluta e fascinosa proprio perché evocati e generati dal dettato poetico. La scrittura trova la sua forma, e la forma si distilla e sublima nel verso: l’ambizione più alta e più vertiginosa d’ogni autentico creatore di bellezze ideali”.
In mostra nei Musei di San Salvatore in Lauro, una selezione di 25 opere che dialogano con poesie dello stesso Capone o di autori storici quali Saffo ed Ermete Trimegisto. Tra le opere più interessanti c’è “Vertigine” (inchiostro ferrogallico e olio su lino, 105x75cm, 2023), e poi anche “Carezze lontane” (42×29,7cm, 2022) e “La morte di Saffo” (29,7x21cm, 2021), entrambe in carboncino e inchiostro ferrogallico su carta blu. “È preziosa la pittura di Pietro Capone – sottolinea Marco Bussagli, docente dell’Accademia di Belle Arti di Roma, nel catalogo – . Si tratta, infatti, di opere al limite del virtuosismo, curate e tirate, ma non leziose perché c’è un pensiero dietro e una sensibilità costruita negli anni da un artista intelligente e colto, anche se molto giovane. Pietro non è arrivato subito alla pittura. Il suo percorso, già orientato all’arte, ha preso le mosse da altre esperienze. Dopo il Liceo, prima l’Archeologia e poi la musica”. Una passione a tempo pieno che, però, fra una nota e l’altra, faceva spuntare tele e pennelli. “Per questo la frequentazione dei corsi dell’Accademia di Belle Arti fu inevitabile. Ebbe così la possibilità di misurarsi con le tecniche dei grandi del passato”. Non fu, però, uno studio prettamente libresco, ma vissuto in prima persona, con l’intento di rifare gesti antichi e recuperare la memoria dei grandi. “Da Charles Le Brun a Ingres, da Cabanel a Boldini, sono questi i modelli cui ha guardato Pietro, ma senza copiare: inventando, piuttosto. Perciò le figure non gli bastano più e, adesso, con gli splendidi corpi, quasi sempre femminili, convivono lettere vergate di fresco che fanno da sfondo alla posa e, nel contempo, dànno profondità al racconto dei soli protagonisti che svelano tutta la loro sensuale bellezza”. E a proposito dell’inchiostro ferrogallico, presente in ogni opera del giovane artista, sottolinea: “La grafia è elegante, quasi ottocentesca, talora scritta con l’inchiostro nero per eccellenza, quello detto ferrogallico, già usato dagli amanuensi degli scriptoria medievali; talaltra, mimata abilmente con il pennello e il colore ad olio (altra prova di bravura), ma sempre impiegata per ottenere lo stesso risultato: amplificare la suggestione dell’immagine”. 
Esistono tante possibili e differenti modalità di fruizione di un’opera d’arte, esiste un modo di vedere un’opera nel suo insieme e poi esiste una possibilità di concentrarsi sui particolari – conclude il curatore Paolo Serafini – . Esattamente come la lettura di un testo, che ha sempre almeno un doppio movimento, uno la pagina nel suo contesto, l’altro riga per riga, dettaglio per dettaglio. Le opere di Capone non prevedono “un” occhio, che costringe a “uno” sguardo, ma lasciano sempre aperte più scelte, più narrazioni, rendendo il visitatore il vero curatore, in una continua, attenta e fertile dispersione di lettura e di visione. Ogni opera di Capone è solo una delle possibilità storicamente offerte dalle condizioni di appartenenza ad una tradizione, dalla distanza temporale, dal ruolo dell’interprete. Non cerca di imporre un modello, anzi resta una esperienza unica, che rifiuta la serialità della ripetizione riconoscendo l’importanza del porre e mantenere aperte delle possibilità”.
 

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