Nell’ambito delle pregresse operazioni, che hanno condotto ai processi – ora in corso di celebrazione – nei confronti dei vertici dell’istituto di credito e dello stesso imprenditore pometino, era stato rilevato come il sodalizio tra Di Mario ed il direttore generale di TERCAS Antonio Di Matteo aveva consentito al primo di accedere indebitamente a sostanziose iniezioni di credito per finanziare le proprie iniziative immobiliari ed al secondo di esercitare il controllo della Banca sammarinese SMIB anche attraverso la partecipazione detenuta, tra gli altri, dallo stesso Di Mario. Nella prima fase dell’indagine, infatti, era stato dimostrato come, nel 2007, la Banca TERCAS avesse acquisito la SMIB occultando l’operazione alla Banca d’Italia: l’istituto sammarinese sarebbe stato successivamente utilizzato per erogare ulteriore credito a Di Mario e come terminale per la distrazione di somme rinvenienti dai fallimenti delle sue aziende.
L’effetto dell’illecito legame era stato il dissesto della banca teramana e la distrazione di circa 170 milioni di euro dalle numerose aziende, poi tutte fallite, del gruppo DIMAFIN. Per tali condotte, come si ricorderà, sia il Di Mario che il Di Matteo erano stati – sia pur in tempi diversi– tratti in arresto. Inoltre, erano stati sottoposti a sequestro, prima per il dissesto della Banca Tercas e successivamente per le numerose bancarotte imputate al Di Mario, un totale di 522 milioni di euro circa.
Le recenti attività svolte dalla Procura della Repubblica di Roma sono solo l’epilogo del ben più consistente filone di indagini che ha riguardato il crac della banca teramana TERCAS e le plurime bancarotte fraudolente aggravate del Gruppo DIMAFIN dello stesso Di Mario.