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PROCOPIO, Le storie segrete. Traduzione di Paolo Cesaretti, Bur 1996

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PROCOPIO, Le storie segrete. Traduzione di Paolo Cesaretti, Bur 1996

Chiusura libro VI

21- Proprio (Giustiniano) non pensava a lasciare le cose come stavano; anzi era sempre pronto ad innovare. In breve, costui, fu il sommo distruttore del buon ordine costituito. 22- Ho parlato in precedenza della peste che si abbatté su tutta la terra: bene, riuscirono a scamparvi non meno persone di quante soccombettero – o perché non contagiate affatto o perché riuscirono a farcela seppur contagiate -; 23- ma non vi fu un solo romano che poté scampare a quest’uomo: pari ad un altro flagello celeste scagliato contro l’intero genere umano, non lasciò intatto proprio nessuno, 24 – e alcuni uccise senza motivo, altri ridusse in balia della povertà, più miserabili dei morti, a impetrare una fine anche orrenda pur d’essere liberati dalla loro condizione. Ad altri ancora tolse, insieme agli averi, la vita. 25 – Non poteva certo bastargli distruggere solo l’impero romano; perciò volle provarsi a conquistare la Libia e l’Italia – unicamente perché, insieme ai suoi sudditi di prima, fosse parimenti sterminato chi viveva laggiù.                                                                              26- Non era ancor giunto da dieci giorni al potere e già uccideva Amantio, capo degli eunuchi palatini, e con lui altri ancora, senza ragione: questa sola l’accusa, di avere profferito parole avventate contro Giovanni, il Patriarca della città. 27- Già allora, divenne temutissimo tra tutti gli uomini, e subito dopo convocò anche l’usurpatore Vitaliano, cui inizialmente garantì la salvezza, tanto che parteciparono insieme ai riti cristiani. 28- Ma poco dopo, sospettando che quegli l’avesse offeso, non esitò a farlo sopprimere.                           Libro VII                                                                                                                                                                               1-Ho detto in precedenza che fin dall’antichità il popolo era diviso in due fazioni; bene, quegli parteggiò per gli Azzurri, che già prima gli erano cari, e così poté confondere e scompigliare ogni cosa. Fu in tal modo che mise in ginocchio la Stato romano. 2- Peraltro, non tutti gli Azzurri erano disposti a seguire l’indole di costui, ma solo i ribelli; 3- con quell’andar di male in peggio, essi pure finirono con l’apparire moderatissimi, tanto inferiori erano i loro delitti rispetto all’impunità che avevano garantita! 4- Non che, tra i Verdi, le frange più turbolente se ne stessero tranquille; anzi, commettevano delitto su delitto, benché fossero continuamente perseguiti, uno per uno. 5- Il diverso trattamento, però, li spingeva ad osare sempre di più; chi patisce ingiustizia, si sa, perde la ragione. 6- Quegli eccitava gli animi degli Azzurri, li aizzava apertamente; e tutto l’impero romano fu scosso dalle fondamenta, quasi fosse sopravvenuto un terremoto o un cataclisma, o addirittura che ogni città fosse caduta in mano nemica. 7- Ogni cosa ovunque fu rovesciata, e da allora più nulla restò quale era: tale il caos, che le leggi e l’assetto statale si volsero nel loro perfetto contrario.              8- La prima ribellione investì l’acconciatura, che venne trasformata in modo nuovo. Non si tagliavano i capelli come gli altri romani; 9- baffi e barbe restavano intatti – volevano che pendessero giù, al modo persiano; 10- quanto ai capelli sul davanti erano rasati fino alle tempie, ma dietro se li lasciavano penzolare senza criterio, come i Massageti. Perciò chiamavano unna questa foggia.                                                           11- Poi optavano tutti per un abbigliamento vistoso, e lo sfarzo delle vesti era superiore a rango di ciascuno; 12 -potevano evidentemente procurarsele con i loro delitti. La manica della tunica era strettissima al polso, per allargarsi smodatamente verso le spalle. 13- Quando agitavano le braccia nei consueti strepiti e incitamenti del teatro e dell’Ippodromo, questa parte dell’abito cresceva in volume e in altezza, e gli stolti potevano illudersi che i corpi di costoro fossero così belli e vigorosi da aver bisogno di nasconderli in vesti siffatte. Non consideravano invece che le vuote vaporosità delle vesti denunciava ancor più l’inconsistenza dei corpi. 14 – Prediligevano mantelli, brache e soprattutto calzature che fossero unne di nome e di foggia.

NOTA: 1- Sono evidenti l’astio e la malevolenza di Procopio verso Giustiniano, molti dei delitti ricordati furono compiuti non senza ragione, ma nell’ambito di una decisiva e strenua lotta per il potere imperiale, senza esclusione di colpi da ogni parte. 2- Leggendo i classici si scopre che tutto ciò che si vuole far passare per moderno è già avvenuto, e che i simboli delle proteste e delle diversità sono sempre gli stessi: le fogge “unne” che menziona Procopio non ricordano le teste rasate sulle tempie e i capelli lunghi dietro a penzolare  di moda oggi e già nel ‘68?

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