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Omicidio Mastropietro, i punti oscuri della vicenda

mastropietro

di Elisa Cinquepalmi

Omicidio Mastropietro, sei giorni fa presso il Tribunale di Macerata sono state rese note le motivazioni della sentenza a carico di Innocent Oseghale, il nigeriano condannato all’ergastolo per aver violentato, ucciso e depezzato la diciottenne romana. Nel fascicolo, composto da 55 pagine, viene descritto un processo lungo e complesso, resosi necessario per sciogliere i dettagli di un crimine che ha sconvolto non solo Macerata, ma l’Italia intera, per la brutalità e la freddezza dell’assassino.

Erano circa le 13 del 29 gennaio 2018 quando Pamela si è allontanata dalla Comunità Pars di Corridonia.  Che cosa ha spinto la ragazza ad andarsene?
Nel tragitto incontra due uomini: il primo è un cinquantenne originario di Mogliano ed il secondo un tassista di Macerata, che ospiterà Pamela Mastropietro durante la notte tra il 29 e il 30 gennaio 2018.

La mattina seguente (30 gennaio 2018), il tassista riporta Pamela alla stazione di Macerata, ma lei si dirigerà verso un altro autista che la condurrà ai Giardini Díaz, dove incontrerà Innocent Oseghale. Coincidenza oppure Pamela era stata informata del nigeriano che era solito spacciare al parco? Chi è Innocent Oseghale?  Stando alle informazioni raccolte, soprattutto in via Spalato, l’uomo sarebbe poco conosciuto in zona.

Viveva insieme alla compagna nell’appartamento di via Spalato 124, il luogo in cui è avvenuto il barbaro delitto. Ma che cosa sappiamo veramente di lui? È nato in Nigeria l’11 Settembre 1988 e che era già noto alle Forze dell’ordine per la sua attività di spaccio, un lavoro che avrebbe continuato a svolgere tranquillamente anche dopo aver ucciso la diciottenne romana che aveva invitato in casa. Il 30 gennaio 2018, Pamela Mastropietro incontra il proprio assassino ai Giardini Diaz. Stando alla dichiarazione di Oseghale, considerata non attendibile dalla Corte d’Assise, la ragazza si sarebbe avvicinata a lui chiedendogli una dose di eroina.

Il nigeriano, non avendo quel tipo di sostanza, avrebbe chiamato il connazionale Desmond Lucky, dopo aver avuto in teoria (ribadiamo il fatto che Pamela Mastripietro soffriva di una patologia della quale l’uso di sostanze stupefacenti era solo una conseguenza secondaria) avrebbe un rapporto sessuale “consenziente” con Pamela nel sottopassaggio del parco di Fontescodella. Come sarebbe potuto accadere se quel giorno, proprio nel parco di Fontescodella, era in atto un’operazione di sgombro da parte della polizia?

Dopo questo presunto rapporto, Oseghale ha raccontato dell’incontro in via dei Velini con Lucky Desmond e una volta avvenuto lo scambio, Pamela Mastropietro ed Oseghale si sarebbero diretti in via Spalato. Intorno alle 10, si sarebbero fermati al supermercato Simply e dopo aver fatto la spesa, Pamela si sarebbe recata in farmacia per comprare una siringa, che gli inquirenti non hanno mai trovato, fatta eccezione per lo scontrino confermato dalle riprese della videocamera di sorveglianza presente nel locale.

Nei video compare l’immagine della ragazza con addosso un pellicciotto smanicato, pantaloni aderenti ed il trolley. Una bellissima ragazza di 18 anni che non passava inosservata e che soprattutto poteva essere salvata, se solo avesse incontrato persone di buon senso.

Dopo l’acquisto in farmacia, Pamela Masdtropietro con il trolley in mano sarebbe entrata nell’abitazione di Oseghale, ignara del macabro destino che l’attendeva.
Secondo l’imputato, Pamela dopo essersi iniettata la dose di eroina, avrebbe avuto un malore. Ma come avrebbe potuto compiere questa operazione, se la giovane aveva la fobia per gli aghi, come afferma la mamma di Pamela, Alessandra Verni? 

Sempre secondo la versione di Oseghale, spaventato, avrebbe chiamato un suo amico che gli avrebbe consigliato di bagnarle il viso con l’acqua per farla riprendere. Durante la dichiarazione, che non ha mai convinto la Corte d’Assise, l’imputato, infastidito dal forte odore del corpo di Pamela, avrebbe affermato di aver solo sezionato il cadavere per poi lavarlo con la varechina e rinchiuderlo in due trolley.

Ma in realtà, gli esami prodotti sui resti della diciottenne, ritrovati il 31 gennaio 2018 a Casette Verdini di Pollenza, affermerebbero che Pamela è stata uccisa con due colpi di arma da punta e taglio inferti all’addome, precisamente al fegato. Prima, però, la ragazza sarebbe stata colpita alla testa con un corpo contundente ed Oseghale avrebbe abusato sessualmente di lei.

Per evitare che Pamela potesse scappare dall’appartamento per denunciare l’accaduto, Oseghale avrebbe preso in mano un coltello ed avrebbe colpito la ragazza.  Poi sarebbe uscito dall’appartamento per recarsi ai Giardini Diaz, per “svolgere la propria attività di spaccio” di spaccio di sostanze stupefacenti. Poche ore dopo, avrebbe fatto ritorno in casa e, con freddezza, avrebbe colpito Pamela con una seconda coltellata all’addome per poi dare inizio alla pratica di sezionamento.

Un gesto compiuto con precisione e cura in ogni minimo particolare, che solo una persona con una mano esperta è in grado di svolgere. 
In circa tre ore, il corpo di Pamela è stato depezzato, disarticolato, scarnificato, privato del sangue, delle urine, dei seni e gli organi genitali.

Oseghale ha ripulito tutti i resti comprese le parti intime con la candeggina, con l’intento di cancellare ogni singola traccia.  Il diaframma ed alcuni resti del collo non sono mai stati trovati, come è sparito anche il materiale che ha utilizzato per ripulire l’appartamento dopo che ha terminato questa pratica raccapricciante. Il caso di Pamela, è unico al mondo, perché Oseghale ha decapitato la ragazza.
Tutte manovre effettuate con professionalità, tanto da stupire i consulenti legali, che in tanti anni di carriera non si erano mai imbattuti in un caso del genere. Concluso il tutto, Oseghale ha disposto i resti di Pamela all’interno di due trolley, uno dei quali di proprietà della ragazza, dopodiché ha contatttao un tassista camerunense, chem a bordo di una Opel Zafira, ha prelevato il nigeriano in via Spalato 124. Rimane comunque il dubbio che Oseghale non abbia fatto tutto da solo, secondo quanto affermato anche dal prof. Cingolani.

L’autista voleva aiutare Oseghale con le due valigie, ma lui avrebbe rifiutato, posizionando i trolley nel bagagliaio. Tutto svolto con massima premidazione. Ricordiamo che Oseghale ha dissanguato il corpo di Pamela, privandolo anche delle urine. Durante l’autopsia, il medico legale, prof. Cingolani, per esaminare il sangue di Pamela Mastropietro, ha effettuato la spremitura dei polpacci, ma senza risultato. In fondo, come disse anche Desmond Lucky nelle intercettazioni in carcere, il lavoro di Oseghale era un gioco da ragazzi. Ricordiamo che proprio il nigeriano, che ora si trova in cella per spaccio di droga, insieme al suo connazionale, Lucky Awelima, anche lui accusato di traffico illecito,  aveva sul suo telefonino immagini raccapriccianti di individui torturati.

Il caso di Pamela ci rimanda alla mafia nigeriana, anche se il Procuratore Giovanni Giorgio ha affermato che a Macerata non è presente. Questa organizzazione criminale, oltre ad essere nota per la droga e la tratta di esseri umani, finalizzata alla prostituzione, svolgerebbe anche pratiche esoteriche. Come disse lo psicologo Alessandro Meluzzi, la mafia nigeriana si diffonde silenziosamente ed è pericolosissima. Bisogna combatterla.
Le istituzioni non devono ignorare tale problema.

Oseghale, oltre ad aver avuto grande freddezza, ha praticato il tutto con massima cura ed esperienza: non ha sezionato il corpo di Pamela Mastropietro a caso. 
Per questo non dobbiamo spegnere i riflettori sulla macabra vicenda di Pamela. Lo dobbiamo a lei, alla famiglia e alla nostra comunità. Chi è omertoso è complice.

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