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L’omicidio Mastropietro secondo Carlo Cambi: i dubbi e gli interrogativi. La mafia nigeriana

pamela

Da ieri mattina sul settimanale Panorama è presente l’articolo del giornalista Carlo Cambi inerente il terribile delitto di Pamela Mastropietro e i vari possibili collegamenti con la mafia nigeriana, intitolato “NEL DELITTO DI PAMELA C’É ANCHE IL MAFIOSO NIGERIANO DIVENTATO PROFUGO”

Sembra che a molti cittadini di Macerata non faccia piacere ricordare la giovane romana brutalmente uccisa il 30 gennaio 2018.

E’ come se si volesse “archiviare” a tutti i costi il caso, che sembrerebbe però presentare ancora numerosi punti oscuri. Una vicenda, come sostenuto anche dal legale della famiglia Valerio Verni, probabilmente collegata con la mafia nigeriana.

Ma il giornalista Carlo Cambi va a fondo e nel suo articolo ricorda l’episodio del 24 aprile 2018.
“A indagini in corso il Dott.Giorgio fece sapere che la ragazza nigeriana che fungeva da interprete nelle prime fasi d’indagine era sparita.”
Inoltre, Cambi nell’articolo, porta alla luce anche le motivazioni del Procuratore della Repubblica di Macerata.
“Non è facile trovare questo tipo di disponibilità perché c’è il forte timore di eventuali rappresaglie o vendette nei paesi di origine, magari a danno di parenti o familiari.”

Una spiegazione che è stata confermata dal Procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Rao, ribadita al Comitato parlamentare di controllo su Schengen durante l’accordo sulle frontiere libere in Europa.

“É tipico della mafia nigeriana intimidire gli interpreti.
Esiste una sorta di grande consorzio tra varie organizzazioni criminali che operano in Africa, che agevolano e proteggono in qualche modo i migranti, fino alle coste libiche e è evidente che in Italia c’è un’unica regia, la mafia nigeriana.”

Macerata e le Marche si sentono immuni da tale organizzazione criminale e allora il giornalista Cambi mette in evidenzia alcune domande poste durante l’interrogatorio ad un ex della mafia nera, che dalla Libia è arrivato in Sicilia e da Messina ha raggiunto Ancona.

Ci si può dimettere dalla mafia nigeriana?


Si può arrivare in Italia dalla Libia su un gommone, finire a chiedere l’elemosina ad Ancona ( il racket della questua è un business della mafia nera) senza avere più legami con l’organizzazione criminale?


Si può affermare che la <<cosca>> ti vincola al segreto e però essere credibili dicendo di non conoscere Innocent Oseghale che ha fatto a pezzi una ragazza, che è nigeriano come te, vive a 30 chilometri da te dopo che entrambi siete passati, nello stesso periodo, dalla stessa ONLUS che gestisce i richiedenti asilo?

La risposta è sì. In questo interrogatorio dimenticato (perché come afferma Cambi, la politica è alle prese con il caso Salvini-nave Gregoretti, per capire se impedire lo sbarco dei clandestini in Italia è o non è un interesse nazionale), il 3 agosto 2018 ad Ancona, presso il carcere di Montacuto, viene ascoltato il nigeriano Destiny Imariagu, arrestato per spaccio e accattonaggio.

L’uomo racconta agli agenti che in Libia è salito sul gommone e ad agosto 2014 è sbarcato in Italia  precisamente a Messina, in Sicilia, e da lì è stato portato direttamente ad Ancona e per alcuni mesi il Gus (Gruppo umana solidarietà, organizzazione per assistenza dei migranti) si è preso cura di lui. Dopodiché, Destiny ha iniziato a chiedere l’elemosina in alcuni supermercati in provincia di Ancona.

Durante l’interrogatorio, Destiny Imariagu racconta di essere uscito dalla mafia nigeriana.
“Quando ero in Nigeria”-spiega Destiny- “A partire dall’età di 24 anni ho fatto parte della Black/Red Axe (Ascia Nera/Rossa). Sono entrato durante il periodo della scuola secondaria.
In tali confraternite si è costretti ad entrare perché altrimenti si subiscono forti pressioni, minacce, spesso anche violenze. Anch’io prima di accettare sono stato picchiato. Poi, circa 10 anni fa, mia moglie mi costrinse a lasciare la confraternita.

Dopo aver lasciato il gruppo hanno minacciato di uccidermi se avessi rivelato i loro segreti: i nomi dei partecipanti. Per entrare viene compiuto un rito di iniziazione: l’officiante ti benda, ti incide un dito della mano e fa uscire il sangue, che viene toccato dagli altri presenti. Con questo rito s’impone il segreto, il silenzio sulla confraternita. In Italia non ho mai incontrato nessuno della confraternita.”

Dopo questa incredibile rivelazione, gli agenti chiedono a Imariagu se fosse mai stato a Macerata. Lui dice di sì, una volta, mentre era con il Gus, ma alla domanda “Conosci Innocent Oseghale? ” accade qualcosa di strano.
Il nigeriano avrebbe risposto con un no secco, ma lo riconosce in otto foto segnaletiche, affermando di aver visto Oseghale in televisione e sa che in Nigeria i gravi delitti come quello di Pamela Mastropietro, si pagano con la vita.

Inoltre, alla domanda “Conosci i Vikings?” ( uno dei culti mafiosi presenti in Italia), lui risponde di sì, che ne ha sentito parlare e che sono facilmente riconoscibili perché vestono di rosso e blu.
Anche Imariagu indossa abiti rossi  e al quesito risponde “perché mi piace”.

Dopo questo colloquio di Destiny Imariagu si sono perse le tracce. Che fine ha fatto il nigeriano? Gli atti sono stati trasmessi all’Antimafia? È protetto? È un mitomane? Protegge Oseghale?

Questi e molti altri dubbi che emergono nella drammatica vicenda di Pamela Mastropietro. Una lettera dalla Nigeria, probabilmente scritta da un amico, sarebbe arrivata in carcere ad Oseghale, dove gli viene raccomandato il legale Francesco Zacheo.

L’avvocato di Lecce, spesso ospite negli studi televisivi è console onorario del Mali e in Italia è il legale di fiducia dell’ambasciata del Congo.

Zacheo è anche l’avvocato dello stupratore seriale di Rimini,Guerlin Butungu e di Padre Graziano, il sacerdote congolese condannato per l’omicidio di Guerrina Piscaglia, un cadavere mai ritrovato.

Perchè tanta premura per il presunto assassino di Pamela Mastropietro?

E allora Cambi si domanda: “Perché tanta premura per Oseghale?”
“Forse perché il presunto assassino di Pamela Mastropietro era a capo di una rete di spacciatori, aveva dei pusher alle sue dipendenze, perché doveva investire per conto dell’organizzazione i soldi del traffico di droga e di prostituzione?”

Un sospetto questo anche di Marco Valerio Verni, zio di Pamela e legale della famiglia Mastropietro.

Il giornalista ricorda anche che la Procura di Macerata ha condotto le indagini a carico di Desmond Lucky e Lucky Awelima, i due nigeriani inizialmente coinvolti nel caso del barbaro omicidio della diciottenne, ma poi fatti uscire dall’inchiesta e indagati (poi condannati) solo per l’attività di spaccio di sostanze stupefacenti. Tuttavia, nel corso di una intercettazione, Lucky Desmond e Lucky Awelima avrebbero detto di temere Oseghale perché sarebbe un capo, probabilmente legato alla mafia nigeriana come avrebbe sostenuto l’ex pentito di ‘ndrangheta, Vincenzo Marino.

Ma. tornando all’interrogatorio di Destiny Imariagu, il nigeriano avrebbe detto di essere stato gestito per alcuni mesi dal Gus, sempre nello stesso periodo, nel gruppo di sostegno in cui erano presenti anche Oseghale ed Awelima.

Carlo Cambi conclude l’articolo citando il Gus di Macerata.

“È una potente ONLUS vicina al Pd  visto che il suo ex coordinatore Giovanni Lattanzi è stato responsabile nazionale delle politiche per l’immigrazione del partito. Negli anni dell’immigrazione massiccia ha avuto più di 400 dipendenti e un fatturato di oltre 30 milioni.
Dopo la stretta sugli sbarchi è andato in crisi, ha avuto difficoltà a pagare affitti per i migranti e stipendi, ha fatto licenziamenti e ha cambiato presidente. Ora è in mano a un commercialista, Francesco Maria Perrotta, perché il suo storico capo Paolo Bernabucci che ha diretto il Gus per 20 anni, ha deciso di mollare all’ inizio della crisi.
Ora è imputato in un processo a Macerata per evasione fiscale: contestati 7 milioni tra tasse e Iva occultati come rappresentante legale del Gus”.

Infine, il giornalista ricorda che proprio in questi giorni il Comune di Macerata ha incaricato il Gus di occuparsi di gestire i migranti  senza una gara d’appalto. Gli interrogativi si moltiplicano. E, in merito al caso Mastropietro, le ombre da dipanare sono ancora molte.

Elisa Cinquepalmi

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