sabato, Aprile 27, 2024
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Covid-19, la pandemia e l’impatto sulla nostra economia

di Anna Maria Cecchini

In questa Primavera di quarantena, dove respiriamo ansia, terrorizzati che il Covid-19 possa contagiare anche noi, due quesiti ci trattengono più delle misure di contenimento, adottate dal nostro Governo, volte a tutelare e salvaguardare la nostra salute.

Il primo riguarda l’effettiva possibilità di superare indenni la pandemia. Il secondo concerne il presente economico del nostro Paese. E’ indubbia la relazione tra il Coronavirus, che al momento tiene in scacco il mondo, e lo scenario economico planetario.

Possiamo affermare, quindi, che l’impatto del danno da Covid-19 sull’economia, è tanto più gravoso, laddove i Paesi non rispondano tempestivamente all’aggressione del virus, con l’adozione di appropriate misure di contenimento e non stabiliscano un’adeguata liquidità, da destinare al sostegno dell’economia reale.

Partiamo dalla Cina. In questo primo trimestre, si sta verificando la prima contrazione, da quando nel 1992 il Paese ha iniziato a comunicare i dati. I settori maggiormente colpiti sono il manifatturiero e quello dei servizi, precipitati a febbraio a livelli record. Crollata la vendita delle automobili, stimato un – 80%, diminuite sensibilmente le esportazioni, scese nei primi 2 mesi di quest’anno orribile del 17,2% .

Il presente economico della Cina è legato indissolubilmente alla ripresa della domanda, dei Paesi esteri, vincolata al lasso di tempo impiegato, ad arginare e vincere il mostro. In Europa e Giappone si respira già aria di recessione, complice la debole performance del quarto trimestre scorso e la forte dipendenza dagli scambi con la Cina.

Gli analisti del Wsj si attendono, a partire dal secondo trimestre, una forte contrazione. Eterogenee le simulazioni dell’impatto economico Covid -19 in itinere e post pandemia a livello mondiale. Mentre l’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha previsto una riduzione del Pil globale, di mezzo punto e un ribasso della crescita, evidenziato nei Paesi che hanno influenti rapporti economici con la Cina, come la Corea del Sud, l’Australia e il Giappone; la Bloomberg Economics vede nero, ed immagina che in uno scenario di pandemia, il Pil possa essere solo azzerato. L’agenzia delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo ( Unctad ), quantifica il danno da Coronavirus per l’economia globale, stimando una perdita che ammonterebbe a 1 trilione di dollari.

Le Nazioni Unite prevedono che i flussi di investimenti diretti esteri potrebbero subire una discesa tra il 5 e il 15%, a livelli inferiori rispetto quelli registrati durante la crisi finanziaria globale del 2008-2009. Una iniezione di fiducia proviene dal Fondo monetario internazionale, che ha dichiarato che l’economia cinese tornerà alla normalità nel secondo trimestre, di conseguenza l’impatto sull’economia mondiale, sarebbe ridimensionato significativamente in cifre e relativamente alla dimensione temporale, propria della ripresa post pandemia.

In Italia, quale scenario economico possiamo attenderci?

Il Cerved ha ipotizzato due scenari possibili nell’epoca del Covid-19. Nel primo, ammettendo l’eventualità che l’emergenza termini a Maggio, la ripresa economica è ipotizzabile solo a partire dal 2021, con un giro d’affari bruciato per le imprese pari a 275 miliardi di euro. Nel secondo, se immaginiamo di vivere nell’emergenza sanitaria fino a dicembre, la stima diventa funerea, con una perdita ammontante a 641 miliardi, di cui 469 miliardi relativi al c.a e quasi 172 miliardi nel 2021. Ovviamente queste sono solo previsioni, che occorre calibrare sulla realtà fluida e mutevole, di questo nostro tempo odierno, dove un maledetto virus ci tiene al giogo, per il momento.

Ci siamo chiesti quale sia oggi, nell’attuale scenario economico, il nostro comparto più vulnerabile e abbiamo rintracciato quello relativo al settore delle concessionarie auto, che parte già da una situazione critica, sotto il profilo della liquidità e manifesta un fabbisogno finanziario stimato in 2 miliardi di euro. Federauto, l’associazione dei concessionari, individua i punti di un piano di pronto soccorso economico, prevedendo in primis l’estensione dell’agevolazione sul versamento dei contributi, prevista per le imprese fino a 2 milioni di fatturato, alle concessionarie. Al secondo punto, l’associazione avanza la richiesta che il tetto dei 700 mila euro annuali, ipotizzati a compensazione dei crediti IVA, diventi mensile.

Si chiede inoltre, che le concessionarie possano essere ricomprese, tra le imprese beneficiarie del supporto alla liquidità, nella forma della garanzia offerta dallo Stato, ex art.57 del DL Cura Italia. Nel concreto, i provvedimenti governativi rischiano di essere inefficaci per queste imprese, il cui giro d’affari medio che si aggira sui 30 milioni, non rientrerebbe nel tetto previsto dal decreto di 2 milioni.

Queste imprese però, dovrebbero poter usufruire, dell’aiuto governativo, in quanto quel fatturato è gonfiato dal valore delle auto, al netto del quale si parla di semplici aziende di distribuzione, ognuna in media con qualche punto vendita ed officina. In effetti anche se il valore delle auto è elevato, l’utile per il rivenditore al netto si aggira appena sopra l’1%. Da non sottovalutare poi l’impatto sociale.

Con un giro d’affari di circa 50 miliardi, pari a 3 punti di PIL, i concessionari impiegano circa 120 mila addetti che arrivano fino a 200 mila se consideriamo tutti quei lavoratori impiegati nei servizi, che ruotano intorno a questo mercato, tipo i fornitori di software, gli addetti al marketing, etc. Sebbene l’acquisto di un’auto, in questo particolare periodo storico, possa non rappresentare la nostra prioritaria esigenza, infondere rinnovata fiducia al mercato delle auto e al suo indotto, significa premere coraggiosamente sull’acceleratore, di una ripresa economica possibile ed attuabile, e lasciarci alle spalle, con una riacquistata fiducia, volano sicuro dell’economia, la passata bufera Covid-19.

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