sabato, Aprile 20, 2024
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La Protezione Civile: “Nessun accordo con la Only Italia Logistics, rispettate le norme”

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“Non esiste alcun “accordo riservato” tra il Dipartimento della Protezione Civile e la società Only Italia Logistics. Sono dunque destituite di ogni fondamento le dichiarazioni del signor Fulvio Daniele, riportate ieri dal sito de La Repubblica.

Il Dipartimento, nel valutare le conseguenti azioni legali, ribadisce di aver sempre operato nel pieno rispetto della normativa vigente e di aver garantito la massima trasparenza del suo operato”.

Questo il contenuto di una nota ufficiale diramata nella giornata di ieri dalla Protezione Civile, che fa riferimento all’articolo pubblicato ieri dal quotidiano La Repubblica nel quale sono riportate le dichiarazioni di Fulvio Daniele, addetto commerciale della società dell’ex presidente della Camera, che avrebbe raccontato i retroscena della commessa flop di mascherine poi sequestrate dalla Guardia di Finanza in quanto prive del marchio di conformità CE: “C’era un patto: una parte dei dispositivi che riuscivamo a importare sarebbero restati a lei, e avrebbe potuto venderli come meglio credeva a farmacie private o a istituti ospedalieri”.

Stando a quanto dichiarato da Fulvio Daniele, la Protezione Civile il 18 marzo avrebbe incaricato la Only Logistics srl, di cui l’ex presidente della Camera è amministratrice unica, di importare mascherine di tipo Ffp2 in Italia.

Ora Irene Pivetti è indagata dalla Procura di Savona per frode in commercio dopo il sequestro di migliaia di mascherine ffp2 importate dalla Cina. “Sono stata colpita per il mio cognome”, si difende. E racconta che per quelle mascherine la sua società, la Only logistics Italia, avrebbe firmato un regolare contratto con la Protezione civile. Poi, però, “le regole sono cambiate in corsa”.

Al Corriere della Sera l’ex presidente della Camera spiega che la Protezione civile le avrebbe commissionato una fornitura di 15 milioni di mascherine per un costo di 30 milioni di euro con un contratto d’urgenza. E così la sua società “ha iniziato a importare questa partita sulla base della legislazione prevista dal decreto legge del 2 marzo, che poi è stata recepita in senso assai restrittivo nel Cura Italia” Quindi “noi abbiamo rispettato quanto previsto dal contratto con la Protezione civile, soltanto che poi le regole sono cambiate in corsa, affidando all’Inail la competenza” di certificare le mascherine. E la certificazione precedente sarebbe così stata ritenuta non consona.

Il contratto avrebbe previsto anche che una parte di quelle mascherine potesse poi essere venduta dalla società della Pivetti a privati. E l’inchiesta è partita proprio dal sequestro, in alcune farmacie del Savonese, proprio di quei dispositivi, che all’apice dlel’emergenza venivano venduti a prezzi esorbitanti.

La Guardia di finanza, seguendo a ritroso il percorso delle mascherine, è così arrivata da un hangar dell’aeroporto di malpensa, dove su diposizione della Procura savonese è stato sequestrato il carico. E risalendo alla società di distribuzione, è stata denunciata anche Irene Pivetti.

La protezione Civile nega l’esisitenza di qualsiasi tipo di collegamento con la società Only Italia Logistics, con la quale non ci sarebbe stato stato alcun “accordo riservato” .

Nel frattempo Irene Pivetti annuncia l’avvio della propria personale battaglia legale: “Vista la mia decennale di imprenditore nel settore import e export, mi sono da subito resa disponibile per importante in Italia mascherine protettive dai mercati internazionali. Il 3 aprile c’è stato un sequestro della Guardia di Finanza di 160.000 mascherine, contro cui faremo ricorso” e da cui “ha preso spunto un articolo uscito su un giornale che ha distorto le notizie, infangando il mio nome. Ho dato mandato ai legali della mia società, e al mio personale, per difendere l’onorabilità del mio nome, e del mio marchio”.

E affida ad un post pubblicato su Facebook il proprio chiarimento sulla vicenda: “Cari amici, viste le sbilanciate informazioni presentate da Repubblica, e viste anche alcune chiacchiere da marciapiede che serpeggiano in questi giorni, credo sia venuto il momento di raccontarvi come sto trascorrendo il mio tempo da coronavirus. Di fronte all’estrema emergenza in cui versava l’Italia, specialmente all’inizio della prima
fase, del tutto priva di strategia, di organizzazione, e di materiali di primissima necessità, e vista la mia decennale esperienza sul mercato cinese ed asiatico (non esattamente “di sponda”, come dice il quotidiano: in Cina abbiamo cinque uffici, abbiamo aperto due grandi locali pubblici, e senza il virus quest’anno avevamo in programma l’apertura di altri tre centri commerciali), la Protezione Civile ha pensato di chiedermi una mano per l’acquisizione di mascherine sul mercato internazionale. Esatto il quantitativo, 15 milioni di pezzi, non esatto il valore indicato, comunque un contratto molto importante.

Preciso che il prezzo unitario concordato è in leggera perdita per la mia società, ma lo considero comunque un contributo
utile da dare allo Stato Italiano, che amo e servo con orgoglio, oggi da imprenditore, come un tempo in un ruolo istituzionale. Dopo una prima fase di avviamento, estremamente difficile, segnata dal “furto” di un carico
in Russia, dovuto all’improvvisa chiusura del paese all’esportazione di mascherine (inutile l’intervento del nostro ambasciatore a Mosca, ed inutile una lettera della Protezione Civile stessa per le autorità), ed una seconda sottrazione in Ungheria (5 milioni di pezzi già pagati, dirottati invece su un acquirente americano che li pagava di più), abbiamo finalmente potuto
accedere al mercato cinese, dove ci siamo attestati.


Ad oggi ho importato oltre 12 milioni di mascherine, molte delle quali per la Protezione Civile, ed altre per ospedali, farmacie, o aziende, facendo atterrare sei aerei cargo da me noleggiati, oltre a diversi passaggi aerei per singoli lotti. La prima settimana di consegne ci ha visti lavorare dalle otto di mattina alla una di notte, in ribalta a consegnare cartoni ai trasportatori, in un clima di vera guerra, anche fra coloro che volevano accaparrarsi i carichi. Da imprenditore, vi confido che faccio i complimenti non solo ai miei coraggiosi instancabili che hanno presidiato la ribalta fino a notte fonda, per una intera settimana, ma anche al mio ufficio amministrazione, che è riuscito a non perdere il filo di una sola fattura o bolla di consegna.
Detto ciò, a partire dalla seconda settimana di previste consegne, si è andata affermando una interpretazione restrittiva dell’ordinanza originaria della protezione civile, che aveva espressamente stabilito, per il periodo dell’emergenza, la possibilità di importare, distribuire e vendere dispositivi di protezione individuale anche non europei, purché certificati NEI
LORO STANDARD (KN95 e N95).

La nuova interpretazione impone invece una CONFORMITA’ AGLI STANDARD EUROPEI. La partita si gioca tutta qui: “analogia” o “conformità”. E da questo conflitto interpretativo sono discese tutte le problematiche di cui, con fantasioso spirito di calunnia, dà
sommariamente conto anche l’articolo del giornale di oggi.

Avverso il sequestro (che è realmente accaduto) stiamo chiaramente facendo presente questa questione, insieme ad altri dettagli importanti, compreso il fatto che alcune delle mascherine sequestrate sono comunque state approvate dall’Istituto Superiore di Sanità, come richiede la legge.

Alla stessa stregua, stiamo fornendo all’INAIL la documentazione integrativa che in qualche caso ci è stata richiesta. Vorrei poter omettere la circostanza che qualcuno mi ha fatto sapere che, se avessi fatto ricertificare a mie spese le mascherine da un certo istituto di certificazione avrei certamente avuto l’approvazione dell’INAIL. Transeat, chiacchiere da
marciapiede anche queste. Adesso la situazione è la seguente: io vado avanti a lavorare, anche perché il resto della fornitura di mascherine è già stata acquistata, e prenotato il ponte aereo per consegnarla. Parallelamente, come è chiaro, benché meno importante, ho comunque dato mandato ai legali della mia società, e al mio personale, per difendere l’onorabilità del mio nome, e del mio marchio. Vi ringrazio di essermi accanto in questo momento, e per il molto che sto imparando, ogni giorno, dalla dedizione di ciascuno alla sua impresa, alla sua missione”.

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