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La pandemia da Covid-19 e l’Europa: l’impatto economico

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Pandemia da Covid-19, la stima dell’impatto economico della crisi a livello europeo e mondiale

Dopo il contenuto shock iniziale dovuto alla contrazione dell’economia cinese, gli effetti economici della crisi si sono manifestati nella loro interezza nel primo trimestre del 2020 sia dal lato dell’offerta – a causa delle restrizioni alle attività produttive e commerciali e alla conseguente interruzione delle catene di approvvigionamento – sia dal lato della domanda – a causa della riduzione dei redditi da lavoro e all’interruzione dei programmi di investimento causata dal peggioramento delle aspettative, dal generale clima di incertezza e dalla crisi di liquidità del sistema economico.

Molte di queste difficoltà caratterizzeranno il sistema economico a lungo anche durante le varie fasi di ripresa delle attività, soprattutto in conseguenza del costoso adattamento della produzione e del commercio alle nuove misure di sicurezza. L’intervento pubblico a sostegno del reddito delle famiglie e delle condizioni finanziarie delle imprese rischia a sua volta di porre in crisi la finanza pubblica di tutti i paesi, con disavanzo e debito pubblico in forte aumento Secondo le Previsioni economiche di primavera 2020 della Commissione europea (Spring 2020 Economic Forecasts) pubblicate il 7 maggio, l’economia dell’area euro si contrarrà nel 2020 in misura record pari a circa il 7,7% per poi crescere di circa il 6,3% nel 2021.

Analogamente, l’economia dell’Unione europea (UE) è prevista contrarsi del 7,4% nel 2020 e poi crescere a un tasso del 6,1% nel 2021. Per l’Italia è previsto uno dei peggiori risultati dell’UE: una contrazione del 9,5% nel 2020 e un parziale recupero del 6,5% nel 2021. Le proiezioni di crescita dell’UE sono state riviste al ribasso di circa 9 punti percentuali (p.p.) rispetto a quelle delle Previsioni economiche d’autunno 2019 (Autumn 2019 Economic Forecasts).

Lo shock all’economia dell’UE è simmetrico in quanto la pandemia ha colpito tutti gli Stati membri, ma sia la contrazione della produzione nel 2020, sia la forza della ripresa nel 2021, si prospettano molto diversi da un paese all’altro. La ripresa economica di ogni Stato membro dipenderà non soltanto dall’evoluzione della pandemia in quel paese, ma anche dalla propria struttura economica e dalla propria capacità di rispondere mediante l’adozione di politiche di stabilizzazione.

Data l’interdipendenza delle economie dell’UE, la dinamica della ripresa in ogni Stato membro influenzerà anche la forza della ripresa negli altri. Sebbene le misure di breve periodo adottate per sostenere e sussidiare i lavoratori e le imprese dovrebbe aiutare a contenere la perdita di posti di lavoro, la pandemia avrà un impatto rilevante sul mercato del lavoro.

Il tasso di disoccupazione dell’area euro è previsto crescere dal 7,5% nell’anno 2019 al 9,6% nel 2020 prima di ridursi nuovamente all’8,6% nel 2021. Nell’UE, il tasso di disoccupazione è previsto crescere dal 6,7% nel 2019 al 9% nel 2020, per poi ridursi all’7,9% nel 2021. Alcuni Stati membri vedranno i propri tassi di disoccupazione crescere più di altri, in particolare laddove si registrano più elevate proporzioni dei contratti di lavoro a breve termine e degli occupati nel settore del turismo. In Italia, il tasso di disoccupazione dovrebbe aumentare dal 10% del 2019 all’11,8% del 2020 per poi ridursi nuovamente al 10,7 del 2021.

La pandemia ha colpito molto pesantemente la spesa per consumi, la produzione industriale, gli investimenti, il commercio, i flussi di capitale e le catene di fornitura. L’atteso, progressivo, allentamento delle misure di contenimento dovrebbe consentire l’avvio della ripresa. Tuttavia, l’economia UE non riuscirà probabilmente a recuperare completamente nel 2021 le perdite che soffrirà nel 2020.

In particolare gli investimenti e il mercato del lavoro non si saranno completamente ripresi, secondo le previsioni della Commissione, entro la fine del 2021. La continuativa efficacia delle misure adottate dall’UE e dai singoli Stati membri per rispondere alla crisi rivestirà un ruolo cruciale nel limitare il danno economico e facilitare una veloce e robusta ripresa che ponga nuovamente le economie su un sentiero di crescita sostenibile e inclusiva. Quanto alla finanza pubblica, le misure adottate in risposta alla pandemia dovrebbero accrescere il debito e il deficit pubblico.

Gli Stati membri hanno reagito in maniera decisa con interventi di politica di bilancio per limitare le conseguenze economiche della pandemia. I c.d. stabilizzatori automatici, quali i pagamenti delle prestazioni previdenziali e assistenziali, combinati con le misure di natura discrezionale, produrranno un incremento della spesa pubblica.

Ne deriva una proiezione di incremento del deficit pubblico dell’area euro dallo 0,6% del PIL nell’anno 2019 a circa l’8,5% nel 2020. In UE il deficit dovrebbe aumentare dallo 0,6% del PIL nel 2019 all’8,3% nel 2020 e poi ridursi al 3,6% nel 2021. È prevista successivamente una riduzione al 3,5% nel 2021. Per l’Italia, la stima di deficit balza all’11,1% nel 2020 per poi ridursi al 5,6% nel 2021. Il rapporto tra debito pubblico e PIL, in discesa dal 2014, dovrebbe ricominciare a crescere. Nell’area euro, il rapporto debito/PIL è atteso in aumento dall’86% nell’anno 2019 al 102,7% nel 2020, per poi ridursi al 98,8% nel 2021. Nell’UE, il rapporto è previsto aumentare dal 79,4% del 2019 al 95,1% nel 2020, per poi ridursi al 92% nel 2021. Il Italia il debito pubblico è previsto crescere dal 134,8% del PIL nel 2019 al 158,9% nel 2020 e quindi ridursi al 153,6 nel 2021.

I Servizi della Commissione europea avvertono che le previsioni di questa primavera sono caratterizzate da un livello di incertezza molto più elevato rispetto al passato e sono basate su un preciso insieme di ipotesi riguardanti l’evoluzione della pandemia e le relative misure di contenimento. Lo scenario di base, in particolare, assume che le misure di contenimento più restrittivo (c.d. lockdown) siano gradualmente allentate dal mese di maggio in poi. È molto alto il rischio che le previsioni siano troppo ottimistiche. Secondo i Servizi della Commissione, inoltre, in mancanza di una robusta e tempestiva strategia per la ripresa comune al livello UE, esiste il rischio che la crisi possa condurre a severe distorsioni all’interno del Mercato Unico e a profonde divergenze di natura economica, finanziaria e sociale tra gli Stati membri dell’area euro.

Appare evidente anche il rischio che la pandemia possa scatenare dei drastici e permanenti cambiamenti di atteggiamento nei confronti delle catene globali del valore e della cooperazione internazionale, i quali a loro volta potrebbero influire in misura rilevante sull’economia europea, caratterizzata da un elevato grado di apertura e di interconnessione.

La pandemia potrebbe inoltre lasciare segni permanenti attraverso diffusi fallimenti aziendali e danni di lunga durata nel mercato del lavoro. La minaccia relativa all’introduzione di tariffe commerciali al termine del periodo di transizione tra l’UE e il Regno Unito potrebbe inoltre rallentare la crescita, sebbene in misura minore nell’UE rispetto al Regno Unito.

Secondo il Bollettino economico della BCE del 14 maggio 2020, l’area dell’euro sta affrontando una contrazione economica che per entità e rapidità non ha precedenti in tempi di pace. Le misure adottate per il contenimento della diffusione del coronavirus hanno provocato un arresto di gran parte dell’attività economica in tutti paesi dell’area dell’euro e su scala mondiale. Gli indicatori del clima di fiducia dei consumatori e delle imprese segnano un drastico calo, che suggerisce una netta contrazione della crescita economica e un forte deterioramento delle condizioni nel mercato del lavoro.

Data l’elevata incertezza sulle dimensioni finali effettive delle ricadute economiche, gli scenari di crescita elaborati dagli esperti della BCE indicano che quest’anno il PIL dell’area dell’euro potrebbe far registrare una caduta tra il 5 e il 12%, su cui incideranno in modo decisivo la durata delle misure di contenimento e il buon esito delle politiche di attenuazione delle conseguenze economiche per imprese e lavoratori. Questi scenari prevedono che, con la graduale rimozione delle misure di contenimento, si verificherà una ripresa dell’attività economica, la cui rapidità e portata restano tuttavia fortemente incerte.

Nel primo trimestre del 2020, interessato solo in parte dalla diffusione del virus, il PIL in termini reali dell’area dell’euro è diminuito del 3,8% sul periodo precedente, per effetto delle misure di chiusura (lockdown) messe in atto nelle ultime settimane del trimestre. Il brusco ripiegamento dell’attività economica ad aprile suggerisce che tale effetto sarà probabilmente persino più grave nel secondo trimestre. Secondo la stima rapida dell’Eurostat, nell’area dell’euro l’inflazione sui dodici mesi misurata sull’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) è scesa dallo 0,7% di marzo allo 0,4% ad aprile, principalmente per effetto della diminuzione dei prezzi dell’energia, ma anche della lieve flessione dell’indice al netto dei beni energetici e alimentari.

Tenuto conto del brusco calo dei prezzi correnti del petrolio e dei relativi contratti future, è probabile che l’inflazione complessiva registri un’ulteriore considerevole riduzione nei prossimi mesi. La forte flessione dell’attività economica dovrebbe esercitare effetti negativi sull’inflazione di fondo nei mesi a venire.

Le stime aggregate possono nascondere la reale disomogeneità territoriale dell’impatto economico della crisi. Nel documento dei servizi della Commissione europea che accompagna la nuova proposta della Commissione sul Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (si veda il paragrafo 4) si forniscono delle stime sull’impatto territoriale della crisi, riassunte nel seguente grafico.

L’ultimo aggiornamento della situazione del COVID a livello mondiale è stato pubblicato il 31 maggio. Il documento riporta che dal 31 dicembre 2019 al 31 maggio 2020 sono stati registrati nel mondo 6.028.135 casi e 368.944 decessi. Per quanto riguarda l’Europa i casi sono 1.934.991. I cinque Paesi dove si registra il maggior numero dei contagi sono la Russia (396.575), il Regno Unito (272.826), la Spagna (239.228), l’Italia (232.664) e la Germania (181.482). I decessi, sempre in Europa, sono 173.155. I cinque Paesi con il maggior numero di vittime sono il Regno Unito (38.376), l’Italia (33.340), la Francia (28.771), la Spagna (27.125) e il Belgio (9.453). Per quanto riguarda i Paesi UE/SEE, sempre secondo i dati dell’ECDC, al 31 maggio 2020 i casi sono 1.398.425 e i decessi 164.766. L’ultima valutazione dei rischi risale al 23 aprile scorso.

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