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Omicidio Mastropietro, il legale della famiglia, Marco Valerio Verni: “Sollievo per condanne, ma ancora molti punti oscuri”

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Omicidio Mastropietro, il legale della famiglia, Marco Valerio Verni: “Sollievo per condanne, ma ancora molti punti oscuri”

MACERATA – Il 16 ottobre scorso, la Corte d’Appello di Ancona ha confermato l’ergastolo ad Innocent Oseghale, il 31enne che, il 30 gennaio 2018, avrebbe violentato, ucciso, depezzato, disarticolato, dissanguato, privato della pelle, lavato con la candeggina e rinchiuso all’interno di due trolley la diciottenne romana Pamela Mastropietro.

A pochi giorni dalla convalida dell’ergastolo di Oseghale, il 21 ottobre scorso, presso il Tribunale di Roma, è stato condannato a tre anni di reclusione anche l’ex fidanzato della giovane, Andrei N. (24 anni) di origini romene, accusato di spaccio di droga e di induzione alla prostituzione.Nel 2017, il 24enne, oltre a vendere l’eroina a Pamela, all’epoca minorenne, avrebbe provato anche a spingerla a vendere il proprio corpo in cambio di soldi destinati all’acquisto della sostanza stupefacente, ma la ragazza rifiutò.

Le parole di Marco Valerio verni, legale della famiglia Mastropietro

Nell’ambito di questa tristissima vicenda, è stato quindi condannato anche l’ex fidanzato di Pamela Mastropietro a tre anni di reclusione. Intervistiamo a questo proposito il legale della famiglia Mastropietro, Marco Valerio Verni.

Che cosa rappresenta questo verdetto per la Famiglia Mastropietro?

“Un altro piccolo grande passo verso la giustizia. Niente potrà restituire alla famiglia Pamela, certamente, ma intanto sapere che, a suo modo e, in questo caso, di certo non in maniera marginale, chi le ha fatto del male stia pagando il suo debito con la giustizia equivale ad un po’ di balsamo su una ferita che, chiaramente, mai si rimarginerà. Perché, almeno, tenendo lontano dalla collettività una persona così, si spera di contribuire a salvare altre vite, al netto di quello che è o sarà poi il percorso di recupero di questo individuo. E’ una piccolo risultato che abbiamo dedicato a tutte le vittime di spacciatori.

Il 16 ottobre scorso, la Corte d’Appello di Ancona ha confermato l’ergastolo per Innocent Oseghale. Quali sono state le prime impressioni da parte dei familiari di Pamela?

“Sollievo. Sebbene fossimo convinti del solido impianto motivazionale della sentenza di primo grado, è chiaro che una sorta di inquietudine c’è stata fino all’ultimo. Sentire il presidente della Corte confermare l’ergastolo è stata una liberazione. Poi, certo, c’è la consapevolezza che, se ad Oseghale, comunque, un appello sia stato offerto, perché siamo un paese civile, ai genitori di Pamela o, peggio, a quest’ultima, una seconda possibilità nessuno più la potrà offrire. Il vero ergastolo, di gran dolore, è il loro. E di tutti i familiari.

Probabilmente Oseghale non ha compiuto da solo il macabro lavoro sul corpo senza vita della diciottenne, considerato che manca quasi il 20% della pelle e il sangue. Ha mai pensato che il probabile complice del nigeriano possa essere una persona esperta in campo medico? Ricordiamo anche le parole del prof. Mariano Cingolani, che ha definito il depezzamento e gli altri tragici passaggi con il termine “precisione chirurgica”

“Guardi, che Oseghale non possa aver fatto tutto da solo o che, comunque, qualcuno lo possa aver aiutato, o lo avrebbe dovuto aiutare, fuori o dentro quel maledetto appartamento, è una convinzione che nessuno ci leva dalla testa.

La stessa Procura Generale di Ancona sta rivalutando alcuni aspetti che, a Macerata, erano stati interpretati diversamente, assieme, forse, ad altri che, individuati successivamente, evidentemente sono coperti da segreto istruttorio.

Vede, il fatto stesso che abbia lasciato i due trolley ben appoggiati sul ciglio della strada potrebbe lasciar intendere che questi dovessero essere presi da qualcun altro. Altrimenti, non avrebbe senso, come ha ricordato lei, dedicarsi al depezzamento chirurgico del corpo di Pamela, alla sua disarticolazione, decapitazione, scarnificazione, esanguamento, all’asportazione di tutti gli organi interni (ad oggi, peraltro, non si trova il venti per cento della pelle, quella del collo anteriore in particolare), per abbandonare poi le valigie sul bordo di una strada qualsiasi, sostenendo di essere entrati nel panico, con il rischio che, già dal secondo successivo, qualcun altro lo avesse potuto trovare.

Due tracce comportamentali troppo diverse tra loro, che non si spiegano. Se non col fatto che, appunto, qualcuno avrebbe dovuto completare l’opera recuperando i suddetti trolley per portarli chissà dove e farci chissà cosa. Dopo, evidentemente, qualcosa è andato storto.E poi ci sono diversi altri elementi che lasciano intendere che Oseghale possa far parte di una qualche organizzazione criminale di tipo etnico”.

Durante il processo d’Appello, Innocent Oseghale ha chiesto di non essere giudicato per il colore della pelle, ma non fu lui a dire “C’è una bianca da stuprare”? Si sa niente del segno sul braccio di Pamela? Effettivamente quali sono i punti oscuri che secondo lei devono essere chiariti, in particolare per la famiglia Mastropietro che, oltre alla giustizia, desidera sapere la verità?

“Oseghale ha chiesto più volte di non essere giudicato per il colore della pelle, ma sono sicuro che nessuno lo abbia mai fatto per questo motivo. Ed il fatto di averlo egli solo pensato, credo sia una mancanza di fiducia e di rispetto nei confronti di un Paese che lo ha ospitato e delle sue Istituzioni.

Al contrario, chi ha provato a creare un pregiudizio “a contrario” è stato lui, infangando più volte la memoria di Pamela, cercando di farla passare per quello che non era, andando ben al di là di quello che potrebbe definirsi “diritto di difesa”.

Se veramente vogliamo parlare di pregiudizi, io lo farei sotto il profilo del “prae-iudicium”: ossia dei suoi precedenti, uno afferente al rigetto, in tutte le sedi, della sua domanda di protezione internazionale (del cui sacro istituto, evidentemente, ha provato ad abusare), l’altro a quello riguardante una sentenza di condanna per spaccio di sostanze stupefacenti, inflittagli nel 2017. Una persona insomma, che ha mentito da subito, ossia sin da quando è venuto in Italia, andando a spacciare morte ai figli di coloro che, invece, lo avevano comunque accolto. E facendo, poi, quello che ha fatto a Pamela”.

La Comunità Pars di Corridonia come avrebbe giustificato l’allontanamento di Pamela, avvenuto il 29 gennaio 2018?

“Da quel che abbiamo appreso, quella comunità ha sostenuto che Pamela, essendo maggiorenne, non potesse essere trattenuta. D’altronde, non posso aggiungere nulla, dal momento che, chi di dovere, ha ritenuto tutto ciò legittimo, nonostante essa, proprio perché maggiorenne, avesse un amministratore di sostegno che, al suo posto, fosse l’unico a poter decidere, tra molte cose, anche le sue eventuali dimissioni da strutture terapeutiche, perché affetta da una patologia psichiatrica gravissima (grandemente trascurata, d’altronde, e purtroppo, anche nelle indagini del processo Oseghale) che, peraltro, la poteva, già di suo, porre in uno stato di “minorata difesa”.

In realtà, ci sono diverse altre questioni che, per noi, continuano ad essere fonte di numerosi dubbi, tra cui, ad esempio, come sia possibile che Pamela abbia potuto assumere della sostanza stupefacente proprio mentre fosse lì ricoverata (circostanza riconosciuta nella sentenza di condanna allo stesso Oseghale).Per altro verso, ad oggi, a quanto ci risulta, ancora non è stata fornita risposta ad una interrogazione regionale depositata, proprio nelle Marche, a Luglio 2018 (più di due anni fa, quindi), per capire, tra diversi aspetti, se, dopo i tragici fatti occorsi proprio a Pamela, vi fossero stati, in quella comunità, dei controlli da parte dei relativi Uffici, le eventuali altre segnalazioni pervenute ai competenti Servizi regionali, i livelli di finanziamento pubblico goduti dalla struttura in questione e sul “se e come” l’Amministrazione destinataria della predetta (interrogazione) vigilasse “sul regolare svolgimento dell’esercizio di recupero degli utenti da parte della suddetta Comunità”.

Tutto tace, e nessuno dice nulla.La politica dovrebbe prendersi le sue responsabilità: perché, se da una tragedia come quella in commento, possano essere emersi dei vuoti o dei difetti normativi, essa avrebbe il dovere di colmarli. 6) Lei, oltre ad essere il legale della famiglia Mastropietro è anche zio di Pamela”.

Qual’è il ricordo più bello di sua nipote?

“Ricordo con orgoglio il fatto che, proprio in quella comunità, qualche giorno prima di allontanarsene, ebbe a salvare una sua compagna, che aveva tentato il suicidio. Ebbe la freddezza di chiamare il personale della struttura, permettendo così che la stessa fosse prontamente ricoverata in ospedale, salvandosi.Sempre in quel periodo, mi chiese di poterla aiutare a scrivere una storia, la sua, ma attraverso gli occhi di un personaggio immaginario, che potesse servire da monito ed aiutare altri ragazzi a non cadere in certi errori”.

Alcune persone, quando sentono parlare di mafia nigeriana, negano l’esistenza di tale organizzazione criminale. Perché, secondo lei?

“Per vari motivi. Principalmente perché, da una parte, si ha paura di poter essere definiti razzisti o incolpati di fare discriminazione o stupidaggini simili; dall’altra, perché è un argomento scomodo politicamente, per alcuni. Sotto il primo profilo, quel che si ignora, ad esempio, è che, le prime vittime della mafia nigeriana siano le nigeriane stesse: già questo, dovrebbe suggerire che l’affrontare tale tematica, con la giusta durezza, che è d’altronde proporzionata alla pericolosità del fenomeno, non voglia dire assolutamente essere razzisti.

Altro dato che sfugge, poi, è che questa mafia vada inevitabilmente a potenziare, per certi versi, le nostre, dal momento che, in una vera e propria collaborazione, queste ultime vanno ad “appaltare” alle prime precise attività criminali- quelle più pericolose, in realtà, perché più visibili- quali lo spaccio di sostanze stupefacenti e lo sfruttamento della prostituzione (ma anche il gioco d’azzardo, l’accattonaggio, la clonazione di carte di credito), ricevendo, naturalmente, delle royalties, potendosi così, esse, invece, dedicare meglio ad attività più invisibili, come la gestione degli appalti, per dirne una.Sotto il secondo profilo, è innegabile che la nascita e la successiva crescita e ramificazione di questa pericolosissima criminalità sia stata causata da una immigrazione che, negli anni, è diventata sempre di più caotica, facendo aumentare il numero di clandestini e, tra di essi, quello di appartenenti ad essa, che, ben mischiati, sono potuti entrare così nel nostro territorio, oltre che in Europa tutta.Sfruttando, peraltro, quegli stessi tramiti, legati proprio a questo tipo di immigrazione, costituiti dalla riduzione in schiavitù e dalla tratta di esseri umani.

E’ chiaro, dunque, che parlare di questo, soprattutto nei giusti termini, non convenga affatto a chi, di questa immigrazione, ne sia il principale fautore politico”.

Elisa Cinquepalmi

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