martedì, Marzo 19, 2024
Home > Italia > Pescatori costretti a buttare a mare il tonno rosso pescato

Pescatori costretti a buttare a mare il tonno rosso pescato

pescatori

Pescatori costretti a buttare a mare il tonno rosso pescato

I pescatori, regolarmente autorizzati alle attività di pesca e con tanto di tasse e licenze pagate, sono costretti a buttare a mare il tonno rosso, accidentalmente pescato, per non incorrere alle pesantissime sanzioni pecuniarie, ma anche amministrative che potrebbero mettere in seria difficoltà i piccoli pescatori artigianali Italiani.

Sembra essere una notizia che ha dell’incredibile, invece è la drammatica realtà che vivono i nostri pescatori, specialmente del sud e delle isole, che ci hanno contattato per denunciare un fenomeno poco conosciuto e che evidenzia un problema gravissimo per di più in un momento di difficoltà generale per tutti.

Tutto ha origine alla ripartizione delle quote di pesca di tonno rosso, che come le quote latte previste per i produttori di latte, sono state distribuite dalle varie commissioni europee con limiti per il pescato di questa
specie ittica, che da sempre è stata per i pescatori Italiani una fonte di sostegno a tutto tondo, dalle tonnare ad i pescatori che utilizzano vari sistemi di pesca.

Ma veniamo ad i fatti che un gruppo di pescatori ci riferiscono, esasperati dal dover buttare in mare tonni di varie dimensioni, inutilmente e con gravi danni economici e sociali, per non incorrere alle pesantissime sanzioni che riceverebbero se venissero trovate dalle varie capitanerie di porto con quantitativi anche minimi di questa preziosa varietà di tonno.

Dal primo gennaio al 31 marzo di ogni anno si rispetta il fermo biologico dei pesce spada. Ciò significa che nessun pescatore italiano può catturare e /o vendere nessun esemplare di pesce spada, salvo poi trovarne nelle nostre pescherie importati da ogni parte del mondo.

Ad aprile, dunque, i pescatori possono tornare a pescare, e il metodo usato per pescarli è principalmente uno, il Palangaro, una serie di ami legati in fila ad una lenza madre e calato in acqua e lasciato alla deriva. Ed è in questo momento che avviene quello che non dovrebbe avvenire, tantissimi tonni circolano davanti le nostre coste in attesa del momento opportuno per deporre le uova.

Ogni anno, stessa strada, stessi mari, stesse coste, da millenni, rotte migratorie insite nel DNA di questi pesci. Tantissimi tonni, migliaia, attirati
dalle nostre acque calde, in competizione e in sovrannumero rispetto ad altre specie, compreso il pesce spada, che aspetta ancora qualche altro mese prima di farsi catturare. Quindi cosa avviene? Il palangari vengono presi d’assalto dai tonni in cerca di cibo, anche se destinati ad altre specie. Una pesca quindi fortuita e non voluta dai pescatori non possono catturali, né detenerli, né rivenderli, né buttarli a mare, né mangiarli perché, per una particolare e burocratica legge, non hanno quella parte di quota, anche minima, che darebbe loro la possibilità di poterli catturare. Quindi per evitare di incorrere nelle sanzioni vigenti in Italia, sono costretti a tagliare la lenza, con gravissimi danni, pur di evitare di tirarli a bordo ed incorrere nei rigori, di legge previsti.

Strana la norma che dice in breve, come raccontato dai pescatori, per evitare articoli e pastoie burocratiche: “Se il tonno è ancora vivo lo si può rilasciare, ma se è già morto gli sfortunati malcapitati dovranno avvisare le autorità che al loro rientro li aspetteranno in banchina per sequestrare il pescato ed emettere una sanzione pecuniaria.”

Quindi sembra si pretenda l’autodenuncia, per reati involontari e non prevedibili, per di più con l’applicazione di sanzioni, nonostante venga meno il dolo, proprio perché casuale ed involontario.

A questo bisogna aggiungere che, quando un tonno abbocca nel palangaro dei pescatori predisposti alla pesca del pesce spada, vista la sua mole imponente, ricordiamo che un tonno può pesare da pochi chilogrammi a oltre 200 chilogrammi, o arrivare anche a 700, può di distruggere l’attrezzatura di pesca, assai costosa, senza che nessuno possa fare nulla. Del resto il tonno non può certamente essere a conoscenza del danno che provoca quando decide di mangiare le esche destinate ad un altro pesce.

Per cui per il pescatore “sfortunato”, oltre al danno, riceve la beffa di essere pesantemente multato e visto come trasgressore di una norma iniqua.
Di sicuro le norme vanno rispettate, ma certe norme sembrano scritte più per penalizzare chi lavora onestamente e vorrebbe rispettare le regole, che per qualsivoglia regolamentazione e tutela, una volta dei pescatori dediti alla specifica pesca del tonno, una volta rispetto ed alla tutela del pesce, che in alcuni tempi sembra essere stato pescato in quantità eccessive, tanto da fissare dei limiti divenuti in seguito troppo restrittivi.

Ma che come ogni eccesso di burocrazia, sembra favorire comportamenti non consoni a quelli che dovrebbero essere gli interessi generali.
Una risposta dovrebbe darla la politica, ma sembra che anche in questo caso gli interessi extranazionali possano interferire e creare diversi risvolti, di cui grazie all’aiuto dei pescatori, cercheremo di tenervi informati.
Intanto perché non fare una legge che dia la possibilità a questi pescatori definiti artigianali con piccoli pescherecci di poter liberamente disporre di una piccola quota, così come dovrebbe essere, ed evitare simili situazioni?

Che senso ha imporre la distruzione di un pescato involontario o farlo diventare contrabbando? Approfondiremo la questione nell’interesse dell’intero settore.


Ettore Lembo

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright La-Notizia.net