Inps ,+6,7% entrate contributi primi tre trimestri 2021
In questo 2021 continuano a fioccare dati macroeconomici positivi per il nostro Paese dall’Inps che confermano il forte rimbalzo dell’economia nazionale dopo il crollo del 2020 dovuto alla crisi pandemica.
Infatti a settembre le entrate contributive dell’Inps sono state pari a 144.328 milioni di euro, in aumento di 9.047 mln (il 6,7% in più) rispetto allo stesso periodo del 2020. E’ quanto comunica l’Istituto di previdenza Inps in una nota. Le entrate contributive dei primi 9 mesi dell’anno sono tornate pressoché agli stessi livelli del 2019.I contributi della gestione aziende si attestano a 85.752 mln (+7.640 mln)e quelli degli autonomi a 9.153 mln (- 308mln). Le enntrate della gestione separata si attestano a 6.253 mln (+ 682mln).Eurostat: debito-Pil Italia giù a 156,3%
Istat, Pil a +2,6% nel terzo trimestre
Inoltre nel terzo trimestre il Prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, segna +2,6% rispetto al secondo trimestre e +3,8% sul terzo trimestre 2020. Lo comunica l’Istat. La variazione acquisita per il 2021 è pari ad una crescita del Pil del 6,1%. Il dato congiunturale sintetizza il calo del valore aggiunto in agricoltura, silvicoltura e pesca e l’aumento in industria e servizi. Contributo positivo sia dalla domanda interna,al lordo delle scorte, sia da quella estera netta.
Eurostat: il debito pubblico Italiano scende al 156,3% del PIL
Infine notizie in chiaroscuro per il debito pubblico italiano giungono dal rapporto trimestrale Eurostat sullo stato delle finanze pubbliche degli stati membri dell’Unione.
Infatti il rapporto fra debito e Pil risulta essere in discesa in Italia e in tutta Europa.
Secondo i dati Eurostat nel nostro Paese pur rimanendo a livelli altissimi è però calato al 156,3%.
Ma nell’iEurozona dopo aver toccato la soglia psicologica del 100% del Pil nel primo trimestre dell’anno, il rapporto tra debito pubblico e Pil nel periodo aprile-giugno,è sceso al 98,3% ( ed ancora migliore appare il risultato nell’intera Unione Europea dove il debito è sceso dal 92,4 al 90,9% del prodotto interno lordo aggregato.
La riduzione è da imputare alla ripresa della crescita registrata nel secondo trimestre poiché il debito, in termini assoluti, ha continuato a crescere per compensare gli effetti della crisi Covid, spiega Eurostat nella propria relazione
Il patto di stabilità e crescita (PSC) è un accordo internazionale, stipulato e sottoscritto nel 1997 dai paesi membri dell’Unione europea, inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione economica e monetaria dell’Unione europea (Eurozona) ovvero rafforzare il percorso d’integrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la sottoscrizione del trattato di Maastricht.[1] Le regole di applicazione del PSC sono state modificate nel 2011 con l’adozione del c.d. Six Pack e l’introduzione del semestre europeo.
Esso si richiama agli articoli 99 e 104 del trattato di Roma istitutivo della Comunità europea (così come modificato con il trattato di Maastricht e dal trattato di Lisbona) e si attua attraverso il rafforzamento delle politiche di vigilanza sui deficit ed i debiti pubblici, nonché un particolare tipo di procedura di infrazione, la “procedura per deficit eccessivo” (PDE), che ne costituisce il principale strumento. Come si legge nella relazione pubblicata sul sito della Commissione, infatti, «Il patto di stabilità e crescita (PSC) è la concreta risposta dell’UE alle preoccupazioni circa la continuità nel rigore di bilancio nell’Unione economica e monetaria (UEM). Stipulato nel 1997, il PSC ha rafforzato le disposizioni sulla disciplina fiscale nella UEM di cui agli articoli 99 e 104, ed è entrato in vigore con l’adozione dell’euro, il 1º gennaio 1999».
In base al PSC, gli Stati membri che, soddisfacendo tutti i cosiddetti parametri di Maastricht, hanno deciso di adottare l’euro, devono continuare a rispettare nel tempo quelli relativi al bilancio dello stato, ossia:
- un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL (rapporto deficit/PIL < 3%);
- un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL (o, comunque, un debito pubblico tendente al rientro) (rapporto debito/PIL < 60%).
A tale scopo, il PSC ha implementato la PDE di cui all’articolo 104 del Trattato, la quale nello specifico consta di tre fasi: avvertimento, raccomandazione e sanzione.
In particolare:
- se il disavanzo di un Paese membro si avvicina al tetto del 3% del PIL, la Commissione europea propone, ed il Consiglio dei ministri europei in sede di Ecofin approva, un “avvertimento preventivo” (early warning), al quale segue una raccomandazione vera e propria in caso di superamento del tetto.
- se a seguito della raccomandazione lo stato interessato non adotta sufficienti misure correttive della propria politica di bilancio, esso può essere sottoposto ad una sanzione che assume la forma di un deposito infruttifero, da convertire in ammenda dopo due anni di persistenza del deficit eccessivo. L’ammontare della sanzione presenta una componente fissa pari allo 0,2% del PIL ed una variabile pari ad 1/10 dello scostamento del disavanzo pubblico dalla soglia del 3%. È comunque previsto un tetto massimo all’entità complessiva della sanzione, pari allo 0,5% del PIL.
- se invece lo stato adotta tempestivamente misure correttive, la procedura viene sospesa fino a quando il deficit non viene portato sotto il limite del 3%. Se le stesse misure si rivelano però inadeguate, la procedura viene ripresa e la sanzione irrogata.
Il primo early warning fu proposto dalla Commissione e approvato dall’Ecofin nel 2001 contro l’Irlanda. L’Italia ha subìto una PDE nel 2005, chiusa senza sanzioni nel 2008 per l’avvenuto rientro del deficit entro i parametri e per la tendenziale diminuzione del debito pubblico.[2]