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Osimo, al via XI festival del giornalismo d’inchiesta delle Marche

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Osimo – Caso David Rossi, al Festival del Giornalismo d’Inchiesta delle Marche con Carolina Orlandi (in rappresentanza della famiglia) e la “IENA”Antonino Monteleone

Il 6 marzo del 2013 moriva in circostanze misteriose il capo della comunicazione di Banca Montepaschi. Giovedì 1° settembre, presso il Teatrino Campana di Osimo, la figlia del manager ed il giornalista che ha curato per “Le iene” uno speciale dedicato alla vicenda racconteranno tutte le incongruenze di questa storia che potrebbe essere ben più di un “semplice” suicidio.

David Rossi non si è suicidato. Sono in tanti ad esserne convinti, famigliari, amici, perfino politici e giornalisti. Del resto, a distanza di dieci anni, sono ancora molti i punti oscuri che circondano la scomparsa del capo della comunicazione di Banca Montepaschi, ritrovato cadavere il 6 marzo del 2013 dopo un volo di dieci metri dalla finestra del suo ufficio al terzo piano di Palazzo Salimbeni. Alla tesi del gesto autolesionistico non ci hanno mai creduto nemmeno la figlia di Rossi, Carolina Orlandi, ed il giornalista d’inchiesta Antonino Monteleone, che per il programma televisivo “Le Iene” ha realizzato un lungo speciale dedicato alla morte del manager senese. Entrambi saranno ospiti del Teatrino Campana di Osimo iquesta sera, alle ore 21:00, nell’ambito dell’evento di apertura dell’11esima edizione del Festival del Giornalismo d’Inchiesta delle Marche “Gianni Rossetti”.

Sarà l’occasione per passare in rassegna tutte le incongruenze di una delle vicende più torbide della storia recente d’Italia, legata più o meno indirettamente all’affaire Antonveneta ed allo scandalo miliardario che nel 2012 portò al collasso la banca più antica del mondo e fece finire nell’occhio del ciclone manager e politici di altissimo livello.

A partire dai risultati della superperizia che i Carabinieri del Ris hanno eseguito lo scorso dicembre su ordine della Commissione parlamentare d’inchiesta istituita nel marzo del 2021 per cercare di dissipare i dubbi creati dalle tre inchieste della magistratura sulla morte di David Rossi. Risultati resi noti nelle ultime settimane e che lasciano ancora aperti alcuni interrogativi, a partire dalla causa di alcune misteriose ferite al collo ed ai polsi di Rossi. Ferite che i carabinieri descrivono come incompatibili con la caduta e che alcuni colleghi del manager giurano di non avergli notato alle 18 del 6 marzo 2013, quando entrò per l’ultima volta nel suo ufficio. Non sono autoinferte, questa è l’unica certezza. Chi e come gliele ha procurate? C’è stata una colluttazione prima del suo volo dal terzo piano di Rocca Salimbeni, sede di Montepaschi?

E ancora, perché nessuno si attivò per soccorrere Rossi prima di un’ora dalla caduta, che un filmato della sorveglianza fa risalire alle 19:43? Per ventidue minuti Rossi rimase agonizzante nel vicolo prima di spirare. Ventidue minuti che per i medici legali avrebbero potuto fare la differenza tra la vita e la morte, se solo qualcuno avesse notato nei monitor del sistema di sorveglianza quel corpo esanime steso in terra sotto la pioggia. O se quel qualcuno che passò vicino a Rossi quand’era ancora vivo, venendo ripreso dalle telecamere, avesse allertato i soccorsi, chiamati invece dai colleghi quando il manager era ormai morto da almeno mezz’ora.

C’è poi il nodo dei biglietti d’addio che David Rossi avrebbe scritto e poi cestinato prima di uccidersi. Tre foglietti di carta ritrovati nel cestino della spazzatura del suo ufficio accanto ad alcuni fazzoletti sporchi di sangue mai analizzati e quindi distrutti. Di quei si sa poco, soltanto che erano stati vergati a mano da Rossi e che contenevano parole di congedo e richiesta di perdono rivolte alla moglie, Antonella Tognazzi. Che però non riconobbe i termini adoperati da Rossi per rivolgersi a lei (scrisse “Ciao Toni, amore” ma lei, Tonia, non la chiamava mai e nemmeno le si rivolgeva con vezzeggiativi quali “amore”). Una perizia calligrafica suggerisce addirittura che Rossi abbia vergato quelle brevi missive sotto costrizione, contro la sua volontà.

I misteri, in questa storia, sono tanti. Forse troppi perché qualcuno possa arrogarsi il diritto di liquidare la faccenda come suicidio, condannando una famiglia al doppio dolore della perdita di un caro e della mancanza di giustizia. Misteri che verranno raccontati dal punto di vista di chi questa vicenda l’ha vissuta in prima persona, perché figlia della vittima o perché autore di un’inchiesta talmente dirompente da attirare l’attenzione della magistratura.

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