venerdì, Marzo 29, 2024
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Anticipazioni per il Grande Teatro di Manzoni in TV del 1° giugno alle 19.20 su Rai 5: “I Promessi Sposi – Parte 7″ regia di Sandro Bolchi

promessi sposi

Anticipazioni per il Grande Teatro di Alessandro Manzoni in TV del 1° giugno alle 19.20 su Rai 5: “I Promessi Sposi – Parte 7″ regia di Sandro Bolchi – Dal primo gennaio 1967 andò in onda sull’allora Canale Nazionale della Rai – per otto puntate – la trasposizione televisiva de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Tra gli sceneggiati di maggior successo, con un’audience straordinaria, e di maggiore rigore narrativo e fotografico della Rai, “I promessi sposi” aveva la prestigiosa regia di Sandro Bolchi, che firmava la sceneggiatura insieme a Riccardo Bacchelli.

Una grande pagina di televisione di cui – a 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni – Rai Cultura ripropone integralmente la quinta puntata oggi martedì 30 maggio alle 18.50 su Rai 5. Fedele al testo manzoniano, lo sceneggiato aveva tra i suoi protagonisti grandi nomi della tv e del teatro come Salvo Randone, Luigi Vannucchi, Tino Carraro, Massimo Girotti, Lea Massari, Elsa Merlini, Glauco Onorato, Franco Parenti, Sergio Tofano e due attori allora sconosciuti nel ruolo di Renzo e Lucia: Nino Castelnuovo e Paola Pitagora.

La serie si apre con Riccardo Bacchelli, sceneggiatore di questa trasposizione televisiva, che introduce la prima puntata, seguito dal narratore Giancarlo Sbragia, che inquadra il contesto dell’opera e spiega le ragioni della sua attualità. Poi, si comincia, tornando nella Lombardia del 1628: all’epoca della dominazione spagnola, il matrimonio dei giovani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella è ostacolato dal prepotente signorotto locale Don Rodrigo e dai suoi “bravi” che minacciano il tremebondo parroco Don Abbondio con il celeberrimo “Questo matrimonio non s’ha da fare, nè domani nè mai”.

7° Puntata – Tra calamità naturali ed eserciti (capitoli XXV-XXX) e la Peste (capitoli XXXI-XXXVI)

Dopo aver provveduto ad ospitare Lucia presso due aristocratici milanesi, don Ferrante e donna Prassede, il cardinale rimprovera duramente don Abbondio per non aver celebrato il matrimonio[125]. I capitoli successivi alternano digressioni storiche e le vicende dei vari protagonisti[126]: da un lato la discesa in Italia dei Lanzichenecchi, mercenari tedeschi che combattono nella guerra di successione al Ducato di Mantova, i quali mettono a sacco il paese di Renzo e Lucia e diffondono il morbo della peste. Agnese, rimasta nel suo paese natio, parte insieme a Perpetua e don Abbondio e i tre si rifugiano presso l’Innominato, il quale ha aperto il suo castello ai contadini in fuga dalle soldataglie alemanne. D’altro canto, il Manzoni si sofferma nel narrare della permanenza di Lucia presso il palazzo milanese di don Ferrante e donna Prassede: il primo, simbolo della decadenza culturale barocca, tutto preso dai suoi studi astrusi; la seconda, invece, caratterizzata da una forte volontà e da uno spirito dominatore, è intenta a far dimenticare Lucia di Renzo, sulla base anche delle accuse che le autorità milanesi hanno lanciato contro di lui per la responsabilità nei tumulti di san Martino.

Con i Lanzichenecchi la peste entra in Lombardia e infine a Milano, sottovalutata inizialmente dalle autorità, in particolar modo dal governatore don Gonzalo de Cordova, preso dall’assedio di Casale Monferrato, e dal Senato: solo il cardinale Federigo si prodigherà nell’assistenza ai malati, unica autorità rimasta in una Milano abbandonata a sé stessa[127]. Di peste si ammalano Renzo, che guarisce, e don Rodrigo, che viene invece tradito e derubato dal Griso, il capo dei suoi bravi che, contagiato anch’egli dalla peste, non riuscirà però a godere dei frutti del suo tradimento[128].

Una volta guarito, Renzo, preoccupato dagli accenni fatti da Lucia per lettera a un suo voto di castità fatto quando era dall’Innominato, torna nel suo paese per trovarla, ma trova una grande desolazione e scopre da un convalescente don Abbondio della morte di Perpetua. Non trovandola, il giovane viene indirizzato a Milano, dove apprende che si trova nel lazzaretto. Nella descrizione della città colpita dal morbo v’è una spaventevole verosimiglianza: non più la luce dell’alba cara al Manzoni, ma la spietata intensità del sole a picco. La descrizione dei carri dei monatti è pagina potente e sinistra. L’accordo dei vari temi dell’episodio si rivela però nelle note soavi della scena della madre di Cecilia, nell’umoristico contrasto tra l’angoscia dell’ambiente e il comico errore dei monatti su Renzo scambiato per untore[129].

I promessi sposi è uno sceneggiato televisivo prodotto dalla Rai e andato in onda per la prima volta nel 1967, basato sull’omonimo romanzo di Alessandro Manzoni e diretto da Sandro Bolchi, che ne scrisse la sceneggiatura insieme a Riccardo Bacchelli.

È stato uno degli sceneggiati Rai di maggior successo in termini di audience e di critica, anche per l’estrema fedeltà al testo letterario cui è ispirato.

Fedele trasposizione televisiva del romanzo di Manzoni, la trama segue il testo letterario in modo piuttosto preciso tanto nello svolgimento quanto nei dialoghi, che sono in larga parte la testuale recitazione dei discorsi diretti presenti nel romanzo. Sono presenti qualche lieve inversione temporale e, ovviamente, omissioni di parti essenzialmente descrittive, quando la scena visiva parla da sé.

Poiché il testo originale è scritto con la tecnica del narratore esterno, l’opera televisiva adotta una voce fuori campo (Giancarlo Sbragia, praticamente interprete del Manzoni stesso) che, leggendo per lo più il testo originale, introduce e spiega l’azione dei personaggi e, di pari passo col testo, ne approfondisce il contesto storico.

Foto interna ed esterna: https://www.rai.it/ufficiostampa/assets/template/us-articolo.html?ssiPath=/articoli/2023/05/Omaggio-a-Manzoni-I-promessi-sposi-firmati-Sandro-Bolchi-2ad24f0f-932d-44e2-b674-1c6fdfb425d5-ssi.html