Rieti, Sant’Antonio maestro di vita spesa con amore – «Nelle storie di ciascuno di noi ci sono vite e storie di altri che a noi si ricongiungono e fanno diventare anche la nostra vita più bella, più autentica». È in questo «miracolo dell’amore» che il vescovo Vito ha inserito il particolare rapporto che c’è tra la città di Rieti e Antonio di Padova. Presiedendo l’Eucaristia nella basilica di Sant’Agostino, nel giorno della memoria liturgia del santo, ne ha ricordato le qualità umane e cristiane: l’intelligenza, l’equilibrio, il fervore mistico. Cogliendo in più un fatto speciale: che Antonio non fu «mai stanco del Vangelo».
Anzi, per tutta la sua vita religiosa insegnò le sacre scritture, la teologia e i suoi discorsi e sermoni mostrano «tutta l’acutezza e la profondità di un uomo che ha fatto della parola di Dio il centro della sua esistenza» e della ricerca della Sapienza di Dio, qualcosa da amare «più dell’oro, più della luce, più della salute, più della bellezza».
Lo spartiacque nella vita del santo è nell’incontro con le reliquie dei primi cinque martiri francescani, morti in Marocco. Per lui, indossare l’abito francescano fu come assumere su di sé con più radicalità il Vangelo di Gesù, come unica e massima regola di vita. «Antonio era alla ricerca di un di più e poiché solo l’amore è più forte della morte, questi martiri destarono nel suo animo un grande influsso».
Una testimonianza che ci interroga in questo «tempo di anime fiacche», del quale abbiamo ancora più bisogno nella coincidenza degli ottocento anni della Regola e del primo presepe. «Facciamo sì che possano rappresentare per davvero uno scossone esistenziale per le nostre vite, per la Chiesa, per tutti», ha detto mons. Piccinonna. «Siano un chiaro invito a riattizzare il fuoco che si nasconde sotto la cenere, sotto troppa cenere, per alimentarlo e per ritrovare il filo d’oro di una spiritualità che abbiamo forse perduto ed è diventata certamente sbiadita». Proprio quando i cristiani debbono continuare ad essere «Sale della terra e luce del mondo».
È in questo senso che Antonio non su «mai stanco del Vangelo», trovando anzi in esso lo spunto per stare sempre in moto, sempre in piedi, con grande coraggio. «Un Vangelo però, accompagnato da segni e fatti, opere e non parole, un Vangelo, non soltanto predicato, ma soprattutto praticato». Attenzione dunque a non trasformare il santo in un “santino”, a non silenziare la forza rivoluzionaria, ma imparare da lui quella conversione senza sconti, senza tornaconto, senza profitto che è una vita spesa con amore e per amore. «Non rendiamo innocuo il messaggio di Antonio e di Francesco. I sermoni di Antonio mettono persino a disagio: sono un invito ad uscire dal torpore, ad abbeverarsi alla fonte stessa della Sapienza, per vivere una vita fuori da ogni schema, secondo verità e nella carità».
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