Guerra, Piano Mattei, Africa: intervista con il Gen. Prof. Gennaro Scala – Gli eventi corrono, le dinamiche sono complesse. Per restare al passo e non perdere la direzione, per capire, ci rivolgiamo ad un esperto, il Gen. Prof. Gennaro Scala:
Generale, circa la situazione nel Mar Rosso e in Medio Oriente in generale, si può ancora parlare di un conflitti regionali o è già una guerra internazionale? E quali sarebbero gli schieramenti?
Trattasi di proxy war, ibrida, asimmetrica, d’attrito o a pezzi. Da un lato Israele, gli USA la Gran Bretagna e dall’altro un inedito polo dell’universo islamico.
La reazione di Israele all’attacco del 7-1O, sproporzionata sotto diversi profili, che nasconde il ricorrente “progetto messianico” di sottrarre ogni porzione di territorio ai palestinesi per continuare nell’opera di occupazione e insediamenti – sta dando luogo all’aggregazione tra sunniti e sciiti in funzione antiebraica.
L’indignazione dal basso – il caso delle università americane è emblematico – con le innumerevoli manifestazioni propalestinesi, se da un lato consentono di rinnovare l’accusa di antisemitismo, dall’altro suscitano prese di posizione come quella della denuncia del Sudafrica.
La questione mediorientale è dunque lungi dall’essere risolta. Dal 1948, né l’ONU né i contendenti né le potenze riescono a trovare soluzioni. Israele ha rigettato o non ha ottemperato a ben 72 risoluzioni e raccomandazioni delle Nazioni Unite e, per ultimo, ha aspramente criticato l’ordinanza della Corte dell’Aja con la quale, tra l’altro, si intima di evitare il “genocidio” a Gaza.
Il “Patto abramitico” è stato dissolto. Turchia, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Siria, Yemen e Iraq si trovano ora sullo stesso fronte. E mentre Erdogan gioca su più tavoli, Giordania ed Egitto subiscono le conseguenze delle ostilità.
L’eventuale estensione del conflitto al Libano per perseguire Hezbollah potrebbe ulteriormente aggravare lo scenario andando oltre le recenti rappresaglie dei movimenti filoiraniani.
Al momento, gli USA e l’Iran sembrano impegnati a scongiurare lo scontro diretto e l’escalation del conflitto.
Quali sono i principali rischi per la sicurezza dell’Europa?
Se per rischi per la sicurezza dell’Europa ci si riferisce al blocco parziale del Canale di Suez, dovuto agli interventi degli Houthi, finalizzati inizialmente a colpire il naviglio diretto verso lo stato ebraico, le conseguenze per l’Europa sono certamente di natura commerciale ed economica. La circumnavigazione di Capo di Buona Speranza comporta circa 2 settimane in più di navigazione e costi superiori al 25/30%.
L’Italia, secondo stime attendibili, dovrà sopportare costi per circa 100 MM/g per l’import-export e per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, dando così luogo a un nuovo possibile processo inflattivo, come affermato dalla BCE.
Se invece ci si riferisce al conflitto Russia-Ucraina, è in atto una penetrante guerra psicologica con una campagna propagandistica – propalata da NATO, Germania, Polonia, paesi nordici e baltici – finalizzata ad accreditare l’ipotesi che la Russia potrebbe invadere l’Europa Centro-Orientale entro il 2025.
Tale eventualità non appare credibile, a meno che, visti gli esiti non favorevoli della controffensiva ucraina, non si provochi un incidente tale da indurre l’avversario a far ricorso all’arma nucleare e quindi a scatenare la terza guerra mondiale, poiché, allo stato attuale e nonostante gli sforzi ed i pacchetti di sanzioni dell’Occidente, né le FF.AA. ucraine né quelle russe sono in grado di risolvere a proprio favore la situazione.
Il Piano Mattei per l’Africa dell’attuale governo italiano, procederà a rilento, subirà dei contraccolpi o verrà messo da parte, considerate le dinamiche in corso?
Il “Piano Mattei per l’Africa”, promosso dal governo Meloni, è un inedito “modello di cooperazione non predatorio, in cui entrambi i partner devono poter crescere e migliorare”, con base nel principio della proprietà delle fonti.
Coniuga l’aspirazione dall’affrancarsi dal gas russo alla gestione dei flussi migratori. La governance definisce gli ambiti di intervento: cooperazione allo sviluppo, esportazioni e investimenti, istruzione e formazione, ricerca e innovazione, salute e sicurezza alimentare, sfruttamento sostenibile delle risorse, ammodernamento e potenziamento infrastrutturale, tecnologie digitale e TLC, partenariato nei settori aerospaziale ed energetico, fonti rinnovabili ed economia circolare.
Sono previsti stanziamenti per 5,5 miliardi di euro – oltre agli 8 già anticipati dall’Eni per investimenti in Somalia, Libia e Congo – somma che dovrebbe rientrare nel quadro delle sinergie e politiche europee – global gateway – per un totale di circa 150 miliardi.
Il summit Italia-Africa, il primo organizzato nell’ambito della presidenza italiana del G7, cui hanno partecipato 46 nazioni e 25 delegazioni delle organizzazioni internazionali, ha affrontato rilevanti problematiche.
L’aspirazione è quella di favorire lo sviluppo reciproco. Tale assunto si scontra con l’instabilità di molti paesi, ricchi di materie prime, verso i quali è puntata l’attenzione.
Gli avvenimenti recenti, in particolare i colpi di stato che hanno interessato 6 paesi, nonché la situazione in Libia, Algeria ed in tutto il Sahel, lasciano ristretti margini di operatività progettuale, tenuto anche conto dei livelli di corruzione interna e dell’incidenza delle mafie locali.
Ma ben 12 delle economie mondiali in crescita sono in Africa, e qualora il modello dovesse effettivamente essere sviluppato, ne trarrebbe beneficio tutto il Mediterraneo allargato, nonostante la presenza di Russia e Cina.
Una crisi prolungata del Mar Rosso, le incertezze sul Canale di Suez e la costosa alternativa rotta commerciale marittima, che passa dal Sudafrica, rischiano di marginalizzare l’importanza strategica del Mediterraneo, dei nostri porti e di lasciare un po’ tagliata fuori l’Italia?
Il memorandum siglato con la Cina nel 2019 dal governo Conte prevedeva l’approfondimento della cooperazione bilaterale. In particolare, il Paragrafo II, punto 2. riguardava i trasporti, la logistica e le infrastrutture per lo sviluppo della connettività, onde sviluppare sinergie tra l’iniziativa “Belt and Road” e il sistema italiano (strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti e le Reti di Trasporto Trans-europee (TEN-T).
Lungo le Nuove Rotte della Seta, ad esempio, si sarebbe dovuto realizzare una rete ferroviaria commerciale lunga circa 15.000 km partendo dal Porto di Trieste per arrivare fino al paese del Dragone.
Le pressioni americane e della Commissione Europea hanno costretto il governo Meloni a recedere, cosicché lo scenario del Mar Rosso ed il ridotto transito dei mercantili dal Canale di Suez potrebbe effettivamente determinare la marginalizzazione del Mare Nostrum e favorire parzialmente la Spagna, i cui porti di Valencia e Barcelona sono partecipati da società cinesi.
I costi per i noli e le coperture assicurative, i tempi di percorrenza ed i ritardi nelle consegne, le interruzioni o il rallentamento delle filiere produttive – come già avvenuto per la Volkswagen e per la Volvo – costituiscono fattori di rischio per l’intero sistema industriale e commerciale europeo, già indebolitosi con la crisi che attanaglia la Germania.
All’Italia potrebbe costare circa 36 miliardi all’anno, con riflessi sul piano occupazionale, sul già debole andamento della crescita e sull’indice inflattivo.
Qualora la guerra contro Hamas e la crisi del Mar Rosso dovessero proseguire, alcuni analisti ipotizzano finanche che qualche movimento filoiraniano, data la situazione nel Sahel, potrebbe bloccare lo stretto di Gibilterra, isolando del tutto il Mediterraneo e favorendo così i porti del Nord Europa.
IL PROFILO:
Generale di Corpo d’Armata in congedo nel Ruolo d’Onore, Gennaro Scala ha servito nelle fila dell’Arma dei Carabinieri per circa quattro decenni.
Attualmente è vicepresidente dell’org Radix, collegata all’Università di Alicante, dove è stato docente e conferenziere in materia di sicurezza internazionale e intelligence economica, attività che ha svolto anche presso “Casa Mediterraneo”, istituzione diplomatica pubblica del Ministero degli Esteri spagnolo.
E’ stato a capo, tra gli altri, dei comandi del Nucleo Investigativo di Verona e Palermo, distinguendosi particolarmente nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, comune e mafiosa.
Capo Ufficio Addestramento della Scuola Allievi Carabinieri in Roma, è stato poi Direttore di Sezione presso la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga ed “Esperto” in America del Sud, acquisendo numerose benemerenze, nazionali e straniere, soprattutto in relazione a sequestri di ingentissimi quantitativi di cloridrato di cocaina, alla scoperta di multinazionali del crimine e alla liberazione di ostaggi.
Ha partecipato a investigazioni di livello transnazionale unitamente alla DEA, al FBI, alle Agenzie di intelligence e polizie di numerosi Paesi, europei ed extra continentali. Congedato nel 2001 per riforma a seguito di eventi traumatici in servizio, è stato responsabile per la sicurezza di importanti gruppi industriali, tra cui l’Eni.
In tali incarichi, è stato per più mandati eletto presidente della Comunidad de los Oficiales de Enlace Policial en Venezuela – C.O.D.E.V. e della Sezione Security dell’Asociación Venezolana de Hidrocarbúros – A.V.Hi. Ha fatto parte altresì del Direttivo dell’Associazione Italiana Professionisti della Sicurezza Aziendale–A.I.P.S.A., della International Crime Analysis Association – I.C.A.A. e di Comitati Scientifici di Istituti di Alta Formazione.
È internazionalmente accreditato come Senior Security Advisor ed esperto di questioni latino-americane. Collabora con riviste specializzate.
Pietro Fiocchi
Foto di WikiImages da Pixabay
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