mercoledì, Maggio 29, 2024
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Pamela Mastropietro, un anno dopo: il silenzio degli ignavi. La lotta della civiltà contro la barbarie

macerata

Pamela Mastropietro: è trascorso un anno da quando le porte dell’inferno si sono spalancate a Macerata facendone uscire i demoni che hanno scatenato tra le strade di una cittadina fatta di gente perbene un orrore senza precedenti e senza fine. Un anno, oramai per molti un ricordo quasi sbiadito. Ma c’è chi non dimentica. E non dimenticherà mai. In molti vogliono ricordare e ricorderanno per sempre, al di là del silenzio di chi di fronte ad un così brutale orrore chiude gli occhi e passa oltre, senza neanche dedicare un minuto della propria esistenza alla riflessione, alla commemorazione, all’autocritica. Sì, perché molto si poteva fare e non è stato fatto.

Pamela Mastropietro aveva solo 18 anni. Una ragazzina con molti limiti come molti altri ragazzi della sua età, ma che quei limiti stava cercando di superarli. In tanti dovevano vigilare e non hanno vigilato, in tanti vedevano ma hanno fatto finta di non vedere. Ed è stata proprio questa ignavia la causa di quanto accaduto: Pamela è stata stuprata, uccisa, fatta a pezzi e chiusa in due valigie. Poi, come se non bastasse, il suo corpo ormai ridotto a brandelli è stato abbandonato nelle campagne di Pollenza. Come se non appartenesse a nessuno quel cadavere martoriato, come se non appartenesse ad un essere che fino a poco tempo prima respirava ed il cui cuore batteva.  Con grande probabilità dietro l’efferato delitto c’è la mafia nigeriana. Un mondo criminale che si è infiltrato e ormai radicato nel nostro Paese. Finora, in quanti hanno chiuso gli occhi? In quanti hanno fatto finta che così non fosse perché faceva comodo? Pamela Mastropietro merita rispetto. Merita di essere ricordata. Merita che, proprio per il massacro subito, si faccia qualcosa perché quello che è accaduto a lei non accada ad altri.

Sì, perché questa giovane, a cui in molti si sono permessi di dare della “tossica”, come se quindi se la fosse andata a cercare, ora è diventata un simbolo. Il simbolo della lotta contro il male, contro la violenza, contro l’orrore, contro l’ingiustizia, contro l’ignavia, contro l’ipocrisia, che in troppi casi caratterizzano il nostro mondo. Ed è anche diventata il simbolo della necessità assoluta di combattere  quella ignoranza grassa – non intesa come assenza di cultura o mancato conseguimento di un titolo di studio – che pervade l’io di tanti, di troppi. Pamela era una giovane donna. Si è fatto abbastanza perché ciò le è accaduto non accadesse? No. Si sta facendo abbastanza per fare in modo che non accada di nuovo? No. Ci si sta di nuovo girando dall’altra parte, si sta ancora mettendo la testa sotto la sabbia. Ma questo non deve essere più permesso. Perché questa è una battaglia per la civiltà, per l’umanità, per la giustizia. Una battaglia che non si può non combattere, che si deve combattere.

Lucia Mosca

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