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L’Ottobre di gusto italiano vs la black list di cibi importati e contaminati

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Servizio di Anna Maria Cecchini

L’ottobre di gusto italiano non ha eguali. L’Italiano si desta e si incanta, inseguendo gli itinerari enogastronomici lungo la nostra penisola, complici la temperatura mite e il foliage autunnale che ci pungolano ad indugiare tra le vie dei nostri borghi, guidati da una bussola sensoriale personale alla ricerca dell’oro verde, il vino novello, la castagna, le noci, le nocciole, i funghi, il tartufo, le zucche, le melagrane.

Un intero paese è unito dalla passione per il “buon mangiare per meglio creare”, ove le tipicità, ricercate, nomenclate, protette, perdute e ritrovate accettano la sfida e surclassano i cibi di paternità incerta, contraffatti, importati e contaminati.

La Black list stilata dalla Coldiretti ci spaventa il giusto, costringendoci a opportune riflessioni, tradotte in comportamenti e scelte calibrati su un concetto di healthy life, sempre più auspicabile. Il Rassf (sistema rapido di allerta), ha rilevato ad oggi che, su un totale di 281 allarmi verificatesi, 124 provengono da altri Paesi dell’Unione Europea (44%), 108 da Paesi extracomunitari (39%).

Quindi possiamo asserire che ben 4 prodotti su 5, provenienti dall’estero, risultano nocivi per la nostra salute. Il pesce spagnolo, contenente mercurio, e quello francese, infestato dal parassita Anisakis, costituiscono solo un desolante esempio. Vogliamo davvero dimenticare la paura scaturita dalla notizia che alcuni cibi importati dalla Cina erano stati a contatto con cromo, nichel, manganese, formaldeide, sostanze da sempre ritenute pericolose per la salute dell’uomo?

Scorrendo la black list della Coldiretti troviamo i pistacchi della Turchia e degli Stati Uniti e le arachidi dell’Egitto, ad alto contenuto di aflatossine cancerogene, le carni avicole polacche portatrici della salmonella enterica e gli ortaggi stranieri con il loro irregolare residuo chimico. L’ultimo report del Ministero della Salute sul “Controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti” , è chiaro e inequivocabile: analizzati 11.500 campioni di alimenti (ortofrutta, cereali, olio, vino, baby food), solo lo 0,9% dei campioni di origine nazionale è risultato irregolare, di contro la triste percentuale sale allo 5,9% se si esaminano gli ortaggi importati dall’estero.

In attesa che la Commissione Europea ci spieghi quali misure intende adottare al fine di assicurare gli stessi standard di garanzia per gli alimenti importati rispetto a quelli prodotti nella Ue, ai privati cittadini spetta il dovere e il piacere di informarsi, sublimato da una scelta consapevole e se il pericolo è reale è altresì vero che un consumo stagionale, a km 0, rappresenta senza dubbio un buon incipit.

Ben vengano dunque le gite del week-end, momento di condivisione familiare, alla ricerca dei sapori autentici, dalle nostre montagne ai nostri mari, cibo per il corpo, amore di sé, orgoglio italiano, cibo solo nostrano, perché migliore. A volte è necessario guardarsi indietro, riconoscere la propria appartenenza ad un territorio, sentire che proprio quell’aria e quel cibo e non altri ci hanno cresciuto e resi grandi, adulti sani, con la terra tra le mani, il mare dentro e nuovi orizzonti da scrutare.

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