giovedì, Marzo 28, 2024
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Parità di genere per gentile concessione? No grazie

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Parità di genere per gentile concessione? No grazie

Uomini e donne, si sa, sono diversi. La diversità riguarda caratteristiche fisiche, emotive o potremmo anche chiamarle emozionali. Diversità che, a tutti gli effetti, dovrebbero essere complementari. Ci sono cose che le donne sanno fare meglio e che gli uomini sanno fare meglio, con lodevoli eccezioni. Si ritiene che gli uomini siano più adatti a lavori che richiedono sforzo fisico (anche su questo aspetto molte donne hanno dimostrato di essere all’altezza) e che le donne siano più portate per lavori di tipo “emotivo” (con lodevoli eccezioni anche in questo caso). Che le donne poi abbiano anche la capacità di essere mogli e madri non dovrebbe sminuirle, anzi. Tuttavia, sembra che, soprattutto in Italia, la parità di genere si utilizzi ad hoc, solo quando serve. Finché saremo costretti a parlare di parità di genere, questo vorrà dire che non sarà un concetto acquisito. E non dovrebbe essere, infatti, un concetto da acquisire. Dovrebbe rappresentare la normalità.

Tuttavia, nella storia, le donne si sono sempre dovute piegare ad una presunta superiorità maschile. E, si badi bene. Lungi da noi il voler rappresentare la teoria di una presunta superiorità femminile.

Un esempio: le donne nella storia hanno sempre fatto arte, ma l’hanno dovuta fare cercando degli espedienti. In molti casi, si sono dedicate ad ambiti che per secoli sono stati considerati inferiori e intrinsecamente “femminili”, cioè le arti applicate: la tessitura, il ricamo, la paraletteratura (cioè quelle produzioni che si pongono ai margini del sistema letterario, come gli Harmony), la poesia d’amore.

Oppure, quando si sono dedicate alle belle arti, l’hanno quasi sempre fatto specificando di non volersi sostituire agli uomini. Anne Bradstreet, ad esempio, autrice del primo testo poetico in assoluto della letteratura americana, scriveva nel prologo della sua raccolta The Tenth Muse (1650): “Gli uomini fanno meglio, e le donne lo sanno bene. La precedenza in ogni cosa è vostra, eppure dateci un piccolo riconoscimento”. Per giustificare il suo lavoro, Bradstreet si è trovata costretta a chiedere il permesso agli uomini, ricordando che loro erano comunque migliori.

Il secondo escamotage, più coraggioso, è stato quello di fingersi uomini, per ottenere maggior credibilità ma soprattutto l’auctoritas per dire e scrivere quello che volevano. L’autorità è intrinsecamente presente nel concetto stesso di autore. In latino l’“auctor” – da “augeo” – è colui che accresce, che dà valore alle cose, che le inventa. È un soggetto, e storicamente le donne di solito sono state oggetti, e raramente soggetti. Anche nel linguaggio comune d’altronde si usa parlare di “paternità” quando ci si riferisce all’autore di un’opera d’arte.

Ora, ogni giorno ci si imbatte in “iniziative di buona volontà” da parte degli uomini per agevolare il concetto di parità di genere. Ma per gentile concessione. Ecco l’ultimo esempio, che si trae dalla cronaca.

“Se posso permettermi di usare questo termine credo che la scelta di domani alla Camera, per scegliere la nuova capogruppo, vada fatta in grande serenità”. Lo ha detto ieri, ironizzando, il segretario del Pd, Enrico Letta, a Forrest, su Rai Radio1 che ha aggiunto: “Mi stupisce come venga trattata la questione Madia-Serracchiani sui media: se fosse stato un confronto tra due uomini si sarebbe usato ben altro linguaggio”.

Per Letta quella del ricambio “non è una battaglia, è la precondizione per stare in una società in cui uomini e donne devono avere le stesse opportunità”.

“Sulla capogruppo – ha aggiunto – decideranno domani i deputati: i gruppi sono autonomi, per me l’unica cosa essenziale è che fosse una donna“. 

Le scelte imposte non ci piacciono. Purtroppo la nostra è una società con valori o dis-valori radicati, che risalgono all’alba dei tempi. Bene, la parità di genere non dovrebbe esistere come concetto, perché dovrebbe rappresentare la normalità delle cose. Ed imporla, per gentile concessione, magari per fare uno sgarbo ad altra fazione politica, non rende onore alle donne. Come anche il discorso delle “quote rosa”.

“Nel Pd ci sono pezzi di un altro partito? No – dichiara ancora Letta – non è vero: con la scissione, che per altro io ho guardato da fuori, chi è rimasto lo ha fatto con convinzione. Siamo tutti democratici e democratiche, non ci sono ex”.

“Sento molto parlare – chiosa la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni – della svolta femminista di Letta perché avrebbe proposto due donne come capogruppo. Io, certo “femminismo” della sinistra proprio non lo capisco. Ma cos’è la parità se non competere ad armi pari per poter eventualmente dimostrare di essere più capaci e meritevoli dei colleghi maschi?

Davvero qualcuno pensa che sia parità farsi imporre da un uomo perché donne, e non imporsi sui maschi perché più capaci? Care colleghe del Pd, fate come noi a destra. Misuratevi in campo aperto e dimostrate le vostre capacità. Chiedete che i gruppi votino il nuovo capogruppo e candidatevi, accettando di arrivare solo se i vostri colleghi, liberamente e non per imposizione del segretario del partito, vi votano”.

Al di là delle idee politiche e partitiche, di certo non esisterà mai la vera parità di genere fino a quando non si dovrà più essere costretti a parlarne.

Lucia Mosca

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