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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di O’Neill del 14 gennaio alle 15.50 su Rai 5: “Blemie. Il testamento di un cane”

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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Eugene O’Neill del 14 gennaio alle 15.50 su Rai 5: “Blemie. Il testamento di un cane”

Grande Teatro in TV di Michail Bulgakov 23 dicembre Rai 5: Turbin parte 2

Per il Grande Teatro di Eugene O’Neill in TV va in onda oggi venerdì 14 gennaio alle 15.50 su Rai 5 il monologo “Blemie. Il testamento di un cane” con Renzo Palmer nella versione trasmessa dalla Rai nel maggio 1982 con la regia di Guido Stagnaro.

O’Neill articola in modo eloquente e compassionevole ciò che tutti i proprietari di cani sentono quando il loro animale domestico si avvicina alla fine della sua vita. 

Blemie, il testamento di un cane dice tutto ciò che deve essere detto a qualcuno che ami che sta perdendo o ha perso un amato amico canino.

Eugene Gladstone O’Neill (New York16 ottobre 1888 – Boston27 novembre 1953) è stato un drammaturgo statunitense.

Insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1936, O’Neill è stato una figura fondamentale per il teatro statunitense anche per il fatto che questo, a causa anche dell’ostracismo puritano contro gli spettacoli, era pressoché inesistente: O’Neill attinse strumenti, tecniche e idee da tutto il teatro europeo e usò e ricreò il coro e le maschere del teatro greco, le tecniche del melodramma e, soprattutto, quelle del realismo ibseniano, fuse con quelle dell’espressionismo di August Strindberg.

Il suo fu il primo tentativo di trattare criticamente gli elementi di corruzione, disgregazione, e alienazione della civiltà statunitense.

Figlio dell’attore irlandesecattolico James O’Neill, e di una pianista, O’Neill ebbe dimestichezza con la scena sin da bambino: correndo sotto un telone blu, faceva l’onda del Conte di Montecristo. Da piccolo frequentò per sei anni scuole cattoliche prima di iscriversi all’Accademia di Stamdford.

Iscrittosi all’Università di Princeton, ne fu espulso dopo un anno e subì la stessa sorte all’Università di Harvard a causa di stati di ubriachezza. Da allora fu un susseguirsi di avventure, di contatti con gli uomini più diversi: sposo solamente per tre giorni con una moglie preoccupata e fuggitiva a causa dalla sua dissolutezza, cercatore d’oro in Honduras dopo un naufragio, marinaio sui mari del Sud, disoccupato sul fronte del porto di Buenos Airesdirettore di scena nella compagnia del padre.[1]

Questa girandola di esperienze finì quando, malato di tubercolosi, negli Stati Uniti d’America dovette entrare in sanatorio. Qui, dopo ampie letture di Ibsen e Strindberg, scoprì la sua vocazione di scrittore e, dimesso, iniziò la produzione teatrale.Teatro di Provincetown dove le prime opere di O’Neill vennero rappresentate

Nei Drammi marini fece rivivere gli uomini e le scene incontrati negli anni precedenti: marinai, prostitute, fuorilegge, vecchi vapori, bettole, tutti al centro di un fatalismo che spesso non lasciava speranze. In viaggio per Cardiff (1916) fu un successo, Oltre l’orizzonte, che conquistò il premio Pulitzer nel 1920, fu un dramma ambientato nei campi agricoli e nella campagna, nel quale l’autore mise in evidenze le passioni primitive ed i sentimenti. In questa opera O’Neill cercò un filo conduttore con gli eroi del teatro greco ed orientale, e lo intravide nella difficoltà che i protagonisti incontrano nella lotta per la sopravvivenza.

In questi e negli altri drammi più riusciti (come L’imperatore Jones del 1920) O’Neill trascese la sua forte ispirazione sociale proponendo la drammatica parabola della stessa condizione umana: l’uomo è al mondo per lottare e per essere sconfitto. In questa opera, O’Neill si avvicinò all’espressionismo focalizzando la sua attenzione sui misteri del sovrannaturale.

Se in Differenze (1921), l’espressionismo tese allo spirito allegorico, nel Il primo uomo (1922), l’autore descrisse le contraddizioni del conformismo, mentre La fontana (1923) si risolse in un dramma imperniato sul mondo onirico. Tutti i figli di Dio hanno le ali (1924) entrò a far parte della collezione di opere a sfondo sociale, visto che toccò la tematica dell’ingiustizia e del razzismo.

In Desiderio sotto gli olmi (1924), con sinistra ironia, O’Neill fece a pezzi la filosofia americana del successo e la sua mitica incarnazione: il pioniere fisicamente gagliardo e moralmente sano. Le passioni umane tendenti all’animalesco vengono guidate, in questa rappresentazione, dal desiderio irrefrenabile e liberatorio di possedere la terra.

Nelle opere successive, che durano a volte sei ore (Strano interludio del 1928Il lutto si addice ad Elettra del 1931), subentrarono preoccupazioni metafisiche e religiose, tanto che i critici tratteggiano un ciclo mistico, influenzato dalla temporanea conversione al cattolicesimo dell’autore. Il gran Dio Brown si basò sul richiamo delle Furie modernizzate, sulle forze irrazionali che dominano il mondo produttivo.

Nello stesso periodo O’Neill si accostò alle teorie freudiane, utilizzate per sciogliere i nodi principali delle sue opere, come la natura matrigna, il sesso schiavizzante e la libertà soffocata dal determinismo.

Ma negli ultimi anni O’Neill riprese la vena realistica, seppure in chiave di approfondimento psicologico dei personaggi: tale è Lungo viaggio verso la notte, dettato nel 1940, dedicato alla moglie e rappresentato postumo, tutto imperniato su pochi personaggi ispirati alla propria famiglia (madre morfinomane, padre alcolizzato, il figlio, O’Neill stesso, tubercolotico). La sua fama, già rinsaldata dal premio Nobel per la letteratura nel 1936, ricevette negli USA, dopo la sua morte, una consacrazione sospetta ma definitiva: due suoi lavori furono adattati ad operetta.