venerdì, Aprile 19, 2024
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“Se avessi un figlio gay lo brucerei”, il processo va avanti

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“Se avessi un figlio gay lo butterei in una caldaia e lo brucerei”, il processo va avanti

Si è svolta venerdì mattina, presso il Tribunale di Genova e davanti al Magistrato Filippo Pisaturo l’udienza contro Giovanni De Paoli, imputato per la frase «Se avessi un figlio omosessuale lo butterei in una caldaia e lo brucerei». Il fatto risale al 10 febbraio 2016, quando era il Consigliere leghista della Regione Liguria.

Oggi ho avuto l’occasione di conoscere personalmente Stefania Gori e Manrico Polmonari che hanno testimoniato e, ascoltando le parole della mamma in primis, mi ero commossa” – dichiara Aleksandra Matikj (in foto a sx), Presidentessa del “Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione” quale parte civile in quanto denunciante insieme alle altre realtà come la loro – “Le discriminazioni feriscono sempre allo stesso modo, tutte: essendoci passata anch’io, perché migrante e perché donna, rivivo ogni volta gli accaduti. Mi ci riconosco.

Sono contenta di averci messo la nostra faccia a difesa di queste e di migliaia di Persone che, in attesa della Legge Zan approvata, potranno nel frattempo avvalersi a questo Primo caso contro l’omofobia in Italia per far valere i propri Diritti lesi.

La prossima udienza è stata fissata per il 9 settembre alle ore 9.30 quando testimonieranno gli altri Testi. Siamo fiduciosi”, termina la Matikj.

“Un grande polverone sul niente – si era difeso nell’immediatezza dei fatti De Paoli – , come troppo spesso avviene quando si parla del centrodestra italiano, vittima di pregiudizi evidentemente duri a finire. Non ho mai detto la frase che mi è stata erroneamente attribuita dagli organi di stampa, peraltro non presenti all’evento in questione. Al contrario la mia frase era esattamente opposta e nello specifico ‘se avessi un figlio gay non lo brucerei nel forno’. Qualche orecchio malizioso ha voluto cancellare il ‘non’, cambiando il senso completo delle mie dichiarazioni”.

L’esponente del Carroccio era però poi stato rinviato a giudizio per avere pronunciato quella frase in pubblico, fatto aggravato perché commesso per finalità di discriminazione: si tratta del primo caso di omofobia in Italia.

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